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L’interVista a mons. Guido Gallese

L’INTERVISTA a mons. Guido Gallese
Vescovo di Alessandria dal 25 novembre 2012 e vescovo incaricato per la Pastorale Giovanile e Vocazionale della Conferenza Episcopale Piemontese.

Qualche mese fa, nell’ultima intervista, mi disse di essere felice di trovarsi ad Alessandria, e di poterci rimanere ancora più di vent’anni. Il 25 novembre scorso ricorreva l’anniversario dell’ingresso in Diocesi e vorrei fare con lei un “bilancio” di questi primi quattro anni di episcopato fra noi.

«Un bilancio è difficilissimo.  Questo ministero episcopale è veramente incredibile e quattro anni sono nulla. In un’omelia dicevo che nella vita cristiana non è poi così facile vivere il Vangelo. Però uno  può impegnarsi e riuscirci. Un pastore ha un impegno molto più gravoso perché deve convincere dei cristiani liberi a far si che vivano il proprio Battesimo in pienezza e diventino santi. E questo è già più complicato.

Il Vescovo deve fare in modo che i pastori facciano sì che i cristiani decidano di vivere il proprio Battesimo e diventino santi. Allora, c’è un passaggio in più. Pensando al Giubileo ne parlo con nostalgia anche se, come ho detto nella Lettera Pastorale abbiamo intenzione di continuare su questa strada aperta anche dopo la “chiusura” della porta della cattedrale.

Il Giubileo è stata un’esperienza bellissima in tutto il suo succedersi dall’apertura della “porta” ai pellegrinaggi nelle Zone Pastorali all’accompagnamento dei pellegrini lungo il percorso giubilare in cattedrale. Ma si vedono anche altri segni, altri semi. Ad esempio, stiamo facendo la preparazione e la formazione degli operatori pastorali per le famiglie ferite: un lavoro interessante e partecipativo di formazione per poter essere utili agli altri.

Vedo anche un lento ma inesorabile crescere nella capacità di fare comunità, di mettersi in relazione, di far le cose assieme. Vedo germogliare la comunione e da questo arriveranno anche i frutti che sa produrre».

Lei ha introdotto il discernimento.

«E’ una richiesta del Papa derivata dalla “Evangeli gaudium” e nella Lettera Pastorale, dopo averla presentata, attraverso il dialogo con le persone è venuto fuori il tema del discernimento. Cioè, si è evidenziato quello di cui avevamo bisogno. Il discernimento fa capire cos’è la Chiesa: il Vescovo scrive una Lettera, il popolo di Dio la recepisce, ne parla con il Vescovo scoprendo che la strada migliore è quella del discernimento. Lo abbiamo fatto per il terzo anno a livello zonale incarnandosi sempre di più e facendo capire come sia la strada da intraprendere per vivere il Vangelo oggi.

Viviamo un momento per il quale non ci sono ricette. Dobbiamo creare in modo responsabile e intelligente perché siamo al centro di un cambiamento di tempi fortissimo e interessante dovuto anche alla comunicazione».

L’Avvento che significato ha oggi.

«Vuol dire attendere e lasciarsi sorprendere da qualcosa che non possiamo inscatolare, perché Dio non lo possiamo inscatolare. Ci piace inscatolare i regali, confezionarli, mettere il nastrino, fare il pacchetto ma Dio è un dono che non possiamo incartare o confezionare perché è fuori da tutti gli schemi. Esce perché è trascendente.

L’Avvento vuol dire attesa di qualcosa che sarà sorprendente, di qualcosa che non potrò immaginarmi, qualcosa che non so come va a finire».

La recente “attesa” dell’alluvione che, per fortuna non c’è stata nei modi drammatici di quelle del passato,  cosa le ha fatto provare.

«Da Vescovo era la prima volta che mi trovavo di fronte ad un’esperienza del genere, nonostante il precedente di Genova. Ho provato tribolazione, un senso di sospensione. Non riuscivo a credere che fosse così reale. Una cosa impressionante. Ho visto documentari, video, ho sentito narrazioni sulle ragioni dell’alluvione del ’94: la paura era che succedesse qualcosa.

Sono un amante del fiume ed ho proposto ad alcune autorità una discesa in barca del Tanaro e del Po, con la Protezione Civile, la Croce Rossa per prendere visione di questi fiumi dal di dentro perché non si può percorrere tutta la riva di fila, l’unico modo è andarci dentro. Solo la gente che conosce il fiume sa come fare perché non sia più una minaccia ma sia un amico, un fratello, un dono di Dio.

La distanza che l’uomo ha preso dal fiume diventa noncuranza e per le persone per le quali si ha noncuranza si finisce per emarginarle e farle diventare un rifiuto. Così succede per i fiumi».

Siamo in piena sintonia con la “Laudato si” di PapaFrancesco.

«L’uomo deve tornare a vivere in simbiosi con la terra perché da essa dipendiamo. Non possiamo vivere senza la terra.

Non possiamo vivere senz’aria. Non possiamo vivere senza il sole.

Non possiamo vivere senza l’acqua. Trascendiamo tutte queste cose perché siamo spirituali eppure abbiamo bisogno di tutto questo».

Martedi mattina ha presentato le novità grafiche e contenutistiche di “Voce”.

«Quello che è stato fatto fino ad oggi è un lavoro progressivo di cambio di grafica e di contenuto. Ho apprezzato molto questi cambi, mi piacciono  l’impostazione che il giornale sta prendendo, lo spirito e la passione con i quali  viene fatto.

Constato con piacere la presenza di una redazione che ha capacità di lavorare insieme. E la comunione, poi, si traduce… nero su bianco. Anche “La Voce alessandrina” è un segno di una comunione».

Che sta camminando con il suo progetto iniziale di sinergia fra i vari strumenti della comunicazione sociale e, in conferenza stampa lei ha presentato anche il sito del settimanale.

«Si tratta di vivere la comunione anche fra i diversi media perché so quanto sia importante a livello delle comunicazioni sociali. Contiamo di poter offrire un servizio bello, gradevole e interessante per i nostri ascoltatori e lettori».

Un’ultima domanda, eccellenza. E’ ancora contento di essere Vescovo di Alessandria e di rimanervi ancora tanti anni?

«Io sì. Anche se devo dire che mi fa sempre un po’ paura questo ministero perché, come dicevo per l’Avvento non sai mai cosa ti aspetta, perché quando accompagni delle persone verso la luce devi affrontare anche tutto il buio che hanno dentro.

Il ministero episcopale è imprevedibile però lo faccio volentieri perché vedo che è per il Signore, per il bene delle persone».

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