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Il fiume l’Attesa

«Avevamo un appuntamento in parrocchia alle 20, la chiesa era piena, tutti erano contenti perché non pioveva» racconta don Ivo Piccinini, parroco di San Michele. «Poi alle 23.15 è arrivata una telefonata che diceva di andare via, che stavano evacuando Alessandria. Siamo usciti dalla chiesa con il Santissimo per benedire i nostri corsi d’acqua, mentre arrivavano notizie drammatiche. Allora con un parrocchiano sono andato a fare un giro per la città. Argini e ponte hanno tenuto, per il bene di tutti. Ma le zone golenali di San Michele sono state un disastro» spiega il parroco. «Comunque è ora di abbassare il fiume. C’è gente che ha perso veramente tutto. L’alessandrino di città non vive i drammi che viviamo noi. E alle autorità bisogna dire che le due casse di espansione tra Castel d’Annone e Felizzano vanno fatte. Così come anche la dragatura del fiume, non bisogna più alzare gli argini. Da sacerdote ho pensato di andare a trovare i miei parrocchiani. E poi, che di fronte a queste cose ti senti impotente» conclude don Ivo.

«Per come la vedo io, il Po ha accelerato e Tanaro e Bormida sono rimasti frenati per qualche motivo. Insomma, il Po ha bloccato la Bormida, e la Bormida ha bloccato il Tanaro». Prova a spiegarla così, la piena di venerdì, Giorgio Melchionni, vice coordinatore provinciale della Protezione Civile e presidente dell’Associazione “Due fiumi” di Alessandria. «Fosse anche uscita l’acqua in città, probabilmente ne sarebbe uscita poca… ma comunque abbiamo passato diverse ore di grande apprensione» racconta Melchionni. «Noi eravamo sul pezzo, la macchina della Protezione civile era pronta a intervenire. E meno male che c’era il ponte Meier! Il vecchio Cittadella avrebbe rallentato l’acqua, e le cose sarebbero andate molto diversamente». Ma come sono state quelle ore in cui il fiume ha tenuto con il fiato sospeso tutta la città? «Io ero in Prefettura, e la “notte della grande paura” l’ho vissuta in un modo particolare. I numeri erano contro l’alluvione, tutti i conteggi dicevano che il fiume non sarebbe uscito. Ma nonostante tutto, continuava a salire… Lo spirito di collaborazione tra tutte le forze impegnate sul campo è stato spettacolare. Eravamo un blocco unico, uniti per cercare di risolvere il problema. E’ una notte che non dimenticherò per tutta la vita».

«Giovedì abbiamo fatto la notte, monitorando Tanaro e Bormida. Alle 20.30 di venerdì ci hanno chiamato dalla Prefettura . Abbiamo subito aperto la sede di “Orti sicuro” per dare informazioni, avvisare e rassicurare. Siamo facce familiari, siamo del quartiere e le persone anziane si fidano di noi» spiega don Gino Casiraghi, storico parroco degli Orti che ha già vissuto in prima linea la devastante alluvione del 1994. «Ringraziamo il ponte Meier, non per la bellezza, ma dal punto di vista idraulico. E dobbiamo fare un monumento a chi lo ha buttato giù» continua don Gino. «Io dragherei bene i fiumi, non alzerei gli argini. E poi proverei a educare i giovani a rispettare la natura». Ma che cosa ha detto don Gino Casiraghi domenica a Messa ai suoi fedeli? «Ho detto: “Ragazzi, viviamo senza disperarci”».

Andrea Antonuccio

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