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Economia&Finanza – Bail-in, ecco i rischi

Il “Bail-in” (“salvataggio interno”) è entrato in vigore a gennaio 2016 e prevede che, in caso di crisi bancaria, le perdite vengano trasferite agli azionisti e creditori della banca stessa sotto forma di svalutazione dei loro titoli azionari e obbligazionari, per ricapitalizzare l’istituto di credito in crisi. In sintesi, l’azionista o l’obbligazionista subisce un decurtamento del valore dei titoli e, se ciò non dovesse bastare, vengono coinvolti anche i correntisti (sia persone fisiche che imprese) con depositi superiori ai 100mila euro (ovviamente solo nella parte eccedente tale soglia). Le azioni, obbligazioni e altri strumenti di investimento che il cliente ha in gestione, ma che non sono emessi dalla banca stessa (per esempio titoli di Stato) non possono essere toccati, come anche il contenuto delle cassette di sicurezza o particolari strumenti finanziari garantiti. Le perdite le sopporterà prima chi ha investito più a rischio, seguendo una scala gerarchica: inizialmente si colpiranno gli azionisti, poi gli obbligazionisti e solo alla fine verranno coinvolti i correntisti, con depositi superiori ai 100 mila euro, per l’eccedenza. I correntisti sono i più tutelati e sono chiamati in causa nel salvataggio solo nel caso in cui non bastasse il contributo di azionisti e obbligazionisti per recuperare un livello di capitale adeguato per la banca, e cioè la possibilità di ripristinare i livelli essenziali come i depositi e i servizi di pagamento. In particolari condizioni, i conti superiori ai 100 mila euro possono non essere toccati in caso di rischio di un “effetto contagio” (i clienti della banca ritirano in massa i soldi per paura), perché provocherebbe una forte instabilità finanziaria; inoltre il limite dei 100 mila euro si riferisce al depositante e non al deposito. Quindi un conto cointestato del valore, per esempio, di 120 mila euro non sarebbe intaccato in caso di Bail-in, perché facente capo a due persone cointestatarie. La logica che sostiene questa politica del salvataggio interno delle banche è di evitare che il costo dei fallimenti bancari ricada sulle spalle dei contribuenti, scongiurando i maxi-salvataggi pubblici che si sono visti in passato. Chi ha un patrimonio superiore ai 100 mila euro farebbe meglio a non tenere tutto su un’unica banca: o ne investe una parte in prodotti che non siano della banca stessa, oppure è meglio distribuire i propri risparmi su più istituti di credito.

Davide Soro

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