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Favor Debitoris – Parliamo ancora di Sergio

Dopo l’intervento della scorsa settimana su Sergio ho ricevuto delle chiamate di persone che si trovano nella sua stessa situazione e mi hanno chiesto di approfondire la spiegazione, perché è vero che «de te fabula narratur». Nel frattempo la vicenda, già presente sui media, è ancora cresciuta in risonanza. Mi sembra giusto aderire alle richieste e approfondire questo caso emblematico che racchiude al suo interno un ricco campionario degli atti di violenza che le famiglie degli impoveriti subiscono ormai quotidianamente. 1. Violenza dello Stato che non paga la ditta di Sergio. Lo Stato riconosce a parole, ma non nei fatti, il suo debito. Riprendo per esteso, non avendo tali competenze, la spiegazione di un esperto comparsa oggi 9 aprile su di un quotidiano: «Il Governo nel 2013 e nel 2014 attuò due decreti legge atti a consentire il pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni. La procedura era semplice: le aziende chiedevano la certificazione al Ministero. Una volta ottenuta la certificazione le aziende potevano cedere il credito alle banche e queste al loro volta avrebbero ottenuto il pagamento entro 180 giorni dallo Stato grazie a un apposito fondo istituito presso la Cassa Depositi e prestiti». Però: «Lo Stato sta volontariamente mancando di inserire le A.T.O. siciliane (e chissà quante altre) tra le Pubbliche Amministrazioni». N.B le Ato (consorzi fra Comuni) sono le debitrici della ditta di Sergio. Secondo l’esperto lo Stato «nasconde all’Europa la vera massa debitoria dell’Italia; e tutto ciò lo sta portando avanti nonostante le sentenze dei Tar e del Consiglio di Giustizia Amministrativa». «Quando i tribunali hanno obbligato il Ministero a certificare i crediti delle aziende che lo avevano richiesto, quest’ultimo ha compromesso nuovamente l’iter semplicemente non pagando la banca. L’effetto? Tutte le banche italiane hanno quindi rifiutato alle aziende l’operazione di cessione dei loro crediti certificati… in pratica le banche non si fidavano più della garanzia dello Stato». 2. Trascuratezza e disinteresse per gli impoveriti: da parte di chi deve difendere non solo i creditori, ma anche i debitori (Hammurabi 1762 a.C.: «I potenti non possono opprimere i deboli, la legge deve rendere giustizia agli oppressi»). Cito sempre le parole dell’esperto: «Il curatore fallimentare ha scontato, del 90% i crediti della ditta di Sergio… perché per il Curatore
fallimentare le Ato siciliane non rientravano tra le Pubbliche Amministrazioni italiane e pertanto sono state equiparate a società private che potevano fallire e dalle quali era meglio prendere poco piuttosto che niente». mentre invece «A seguito di interrogazioni al Parlamento europeo, l’Ue ha riconosciuto nero su bianco che le Ato sono invece a tutti gli effetti da considerarsi Pubbliche Amministrazioni». Perché darsi pena, attivare una lunga e faticosa procedura, quando c’era la casa di Sergio che si poteva vendere molto più facilmente? 3. L’abisso delle esecuzioni immobiliari sulle case di famiglia: a questo punto Sergio e la sua famiglia vi sono sprofondati. È stata redatta una perizia, molto discutibile e fortemente svalutativa dell’immobile. Con il meccanismo del ribasso del 25% ad ogni asta la casa sarà svenduta ad uno speculatore che la rivenderà a 3-4 volte il prezzo a cui l’ha comprata. 4. Pressione psicologica perché Sergio ritorni alla normalità: gli impoveriti devono rassegnarsi o fare gesti autodistruttivi ma non cercare di far valere i loro diritti. Siamo tornati indietro rispetto a 4000 anni fa. Sergio e la moglie hanno in affido una nipotina. Degli «zeloti» si sono attivati per avvisare i servizi sociali, che potrebbero togliere alla famiglia di Sergio l’affido della bambina dopo lo sloggio dalla casa. Sergio aveva delle armi in casa, legalmente detenute: gli sono state ritirate. Più che prudenza, sembrano tutte mosse per fiaccare la resistenza di un uomo di 71 anni che da mesi sta cercando con tutti i mezzi di far conoscere le proprie ragioni senza essere ascoltato. 5. Ammisaduqa, erede di Hammurabi, nel 1646 A. C., per evitare che creditori in malafede giochino sui cavilli legali, decreta: «Se un creditore ha accaparrato un bene facendo pressioni, deve restituirlo e/o pagarlo per intero, se non lo fa è condannato a morte». Mille anni dopo, per fortuna dell’umanità, prima Caino è stato maledetto, ma poi è stato posto un segno su di lui «affinché chiunque lo incontrasse, non lo uccidesse» (Gen. 4,15). Deve però finire questa violenza contro gli impoveriti che semina ulteriori germi di violenza nella società. Per segnalazioni o richieste di aiuto: segreteria. favordebitoris@gmail.com.

Giovanni Pastore

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