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Io sono il buon pastore – commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Giovanni

Commento al Vangelo di Domenica 22 aprile 2018
IV Domenica di Pasqua

In questa quarta domenica di Pasqua la liturgia non ci propone l’ascolto di un Vangelo di resurrezione ma ci presenta, sapientemente, il Vangelo del buon pastore. Questo brano di Vangelo ci dona un altro punto di vista riguardante l’offerta della propria vita da parte di Gesù, buon pastore, che offre la sua vita per le sue pecore, oltre a mostrarci la tenerezza (direi quasi ostinata) di Dio nei confronti dei suoi figli: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore”.

Il buon pastore ci incoraggia a riprendere/ proseguire il viaggio della vita come discepoli consapevoli e amati e ci sprona ad essere imitatori di questo grande amore. Non è causale che, in questa domenica, si celebri contestualmente la giornata mondiale delle vocazioni, proprio perché, in questo brano, possiamo ritrovare l’essenziale di ogni vocazione: donare la propria vita con libertà, consapevolezza, gratuità e amore.

La vocazione cristiana non è un tema esclusivo per coloro che sono chiamati al sacerdozio o alla vita religiosa ma interpella ogni uomo! Tutti (nessuno escluso!) sono chiamati a vivere ad imitazione del buon pastore e tutti sono spronati a ripudiare ogni atteggiamento (a volte addirittura incosciente) tipico del mercenario.
Nella nostra vita esistono numerosi rapporti “mercenari“ fondati su logiche economiche, opportunistiche e utilitaristiche.

Lui è la guida che ci indica la via in questo cammino

A volte capita che le nostre relazioni, anche quelle che riteniamo fondamentali per e nella nostra vita e ci hanno acconsentito di compiere grandi passi in avanti nel nostro cammino umano e spirituale, si trasformino via via in relazioni mercenarie poiché, senza accorgercene, sfumano lentamente aspetti centrali come la libertà e la gratuità e ci conducono inesorabilmente a deformazioni dell’amore.

Questa strada, apparentemente innocua e tranquilla, e questo tepore spirituale possono condurre alla “cecità”, cioè non riconoscere più Gesù come centro e culmine della nostra vita, fino a spingerci a scartare la “pietra angolare” per farci riposare in luoghi scivolosi o paludosi, come ci ricorda san Pietro nella prima lettura: “Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo.In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati”.

Chiediamo quindi a Gesù, buon pastore, che conosce nell’intimo i nostri cuori, di continuare ad essere Lui la guida che ci indica la via e ci accompagna in questo cammino.

A cura di don Giovanni Bagnus

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