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Mio nonno Aldo mi ha insegnato la verità

A quarant’anni dalla morte di Aldo Moro, abbiamo intervistato il nipote Luca, figlio di Maria Fida Moro. Al «dilettissimo Luca» lo statista democristiano dedica, nelle sue lettere dalla «prigione del popolo», parole di grande affetto e tenerezza. Mettendo da parte complotti, dietrologie, misteri e chissà che altro, con Luca abbiamo provato a cogliere il Moro più umano: un nonno che, consapevole della sua fine imminente, si dona con grande delicatezza a un nipotino che sa di non poter più riabbracciare. Ma che ama con tutto il cuore: «Con Luca, dicevo, mi avete dato la gioia più grande che io potessi desiderare» confessa in una lettera alla figlia. Luca ha scritto anche un libro (Mio nonno Aldo Moro, Ponte Sisto, euro 12,50) che vale la pena leggere. Un inno alla vita: a una vita che prosegue «in un’altra forma» come scrive lo stesso Moro in una lettera dal carcere brigatista. Una vita, quella di Aldo Moro, che certamente non è finita nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, quel 9 maggio del 1978.

Luca, che tipo di nonno era Aldo Moro?
«Era straordinariamente buono, sempre presente malgrado tutti i suoi impegni e la sua vita difficile. Era amorevole, lungimirante e premuroso».

Che cosa le ha insegnato?
«Mi ha insegnato il valore della verità. E che “ogni persona è un universo”».

E che cosa ha amato di più in lui?
«La sua straordinaria bontà e la sua luminosità».

Quanto il suo essere uomo politico ha influenzato la sua vita in famiglia?
«Malgrado i suoi infiniti impegni e una vita molto piena, tutto questo non ha influito sul suo esser padre e nonno. Hanno influito i fattori esterni, non lui. Lui, invece, malgrado tutte difficoltà è sempre stato presente».

C’è un episodio, o un aneddoto, che ci può raccontare per descrivere meglio la personalità di Aldo Moro?
«Era molto attento e premuroso. Quando ero piccolo mi ha insegnato le mosse degli scacchi e, in particolare, mi ha spiegato che il cavallo fa la “elle” di Luca. Io lo trovai un grande insegnamento, perché con un solo concetto mi aveva insegnato due cose. In questo modo, infatti, aveva insegnato a un bambino piccolo una mossa degli scacchi e una lettera, tanto che oggi, a 42 anni, ancora ricordo con dolcezza quel momento».

Una parola, un verbo, un valore che si porta addosso: c’è qualcosa in lei che è sicuramente di suo nonno?
«La verità».

Che posto aveva la fede nella vita di Aldo Moro, e come ha cercato di trasmetterla?
«La fede occupava sicuramente un posto principale e prioritario nella sua vita, insieme alla verità e alla certezza dell’eternità della vita. Mio nonno ha cercato di trasmettere il suo insegnamento in toto con il suo esempio, perché l’insegnamento di Aldo Moro non è scindibile».

E che posto ha la fede, oggi, nella vita di Luca ?
«Credo nell’eternità della vita e sono certo che “c’è luce ed è bellissimo”».

Andrea Antonuccio 

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