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Vescovo Guido: «Dobbiamo essere attenti a ciò che lo Spirito suggerisce»

Sabato 19 maggio, alle ore 15, inizierà in Cattedrale ad Alessandria l’annuale Assemblea diocesana, convocata per la prima volta nel 2016 dal nostro Vescovo Guido. Ed è proprio a lui che chiediamo di spiegarci meglio di che cosa si tratta.

Eccellenza, che cos’è l’Assemblea diocesana? E a che cosa serve?
«È uno strumento di collegialità che consente di ascoltare le voci di tante comunità e tante persone differenti. Lo scopo è di fornire al Vescovo un quadro più chiaro su che cosa è accaduto durante l’anno pastorale e di presentargli qualche spunto per discernere con maggiore accuratezza dove lo Spirito sta chiamando la Chiesa alessandrina. Per questo motivo sabato, dopo aver pregato tutti insieme, ci si dividerà in tavoli da dieci persone, ciascuno con un facilitatore. E qui si cercherà di mettere a fuoco i tratti comuni alle esperienze delle comunità, in relazione a una tematica specifica».

Quali sono i temi “sul tavolo”?

«Sono quattro, come le perseveranze descritte in Atti 2,42: “Erano perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere”. Perciò, a seconda delle preferenze manifestate al momento della loro iscrizione all’assemblea diocesana, i partecipanti
verranno smistati in tavoli in cui potranno condividere con altri quel tema specifico».

E poi che succede?
«Al termine di questa condivisione ci sarà la cena, durante la quale i facilitatori di ogni tema si incontreranno tra loro e condivideranno i punti essenziali di ciò che è stato detto nei diversi tavoli. Dopo la cena, e prima della Veglia di Pentecoste, i relatori, uno per ogni “perseveranza”, restituiranno all’assemblea in Cattedrale i tratti essenziali di ciò che è emerso dal lavoro del pomeriggio. Si concluderà con la celebrazione dell’Eucaristia, la frazione del pane, nella quale il Signore agisce nella sua comunità per portarla a realizzare nella vita concreta il Vangelo».

Questa è la “terza edizione”. Le due assemblee precedenti le sono state utili? Se sì, in che cosa?
«Sì, mi sono sempre molto utili perché danno l’opportunità di conoscere le reazioni “di prima mano” dei membri della nostra comunità diocesana. Ci tengo a sottolineare che quello che viene detto nei tavoli viene inviato dal facilitatore direttamente al Vescovo, per cui appena finita l’assemblea io comincio a rileggere i contributi in vista della stesura, che avverrà durante l’estate, della Lettera Pastorale. La Lettera sarà consegnata al pellegrinaggio di inizio anno del prossimo 8 settembre».

Ci può introdurre le quattro “perseveranze”, in modo da indirizzare il lavoro di chi parteciperà all’assemblea? Partiamo dalla perseveranza nell’insegnamento degli Apostoli…
«Essere perseveranti nell’insegnamento degli Apostoli significa leggere e condividere la Parola di Dio e il Magistero della Chiesa. In sostanza significa formarsi cogliendo i contenuti della Fede».

E perseverare nella comunione?
«Vuol dire avere un riferimento stabile a un gruppo di persone con il quale si condividono i passi salienti della vita, e della vita spirituale, includendo in questo anche la convivialità, che era molto praticata da Gesù: la sua vita pubblica inizia a tavola alle Nozze di Cana e si conclude a tavola con l’Ultima Cena. Non certo con l’ultima riunione… (sorride)».

La frazione del pane?
«È la celebrazione eucaristica, della quale talvolta noi fatichiamo a comprendere l’aspetto comunitario, occupandoci invece prima di tutto del soddisfacimento di un precetto e della nostra interazione personale con il Signore».

E infine, le preghiere.
«Innanzitutto intendo sottolineare che le preghiere sono al plurale, e sono citate appena dopo la frazione del pane. Proprio a indicare che la celebrazione eucaristica non esaurisce la vita cristiana, ma è assolutamente essenziale la preghiera, anzi, le preghiere. Le nostre comunità dovrebbero essere luoghi dove, insieme e sotto la guida del pastore, impariamo a pregare. E poi perseveriamo nel pregare!».

Come dobbiamo intendere il verbo “perseverare”?
«In senso letterale. Non basta incontrarsi con alcune persone per fare certe cose, e con altre per farne certe altre, o avere una continua alternanza di amicizie con le
quali relazionarsi. La perseveranza richiede la creazione di legami ragionevolmente stabili e personali: non come se l’esserci o non esserci fosse indifferente. La perseveranza ci unisce in una sorte comune ai fratelli che camminano insieme con noi».

I facilitatori ai partecipanti faranno questa domanda: “Riflettete su ciò che c’è di più promettente nelle comunità: dove il Signore sta lavorando?”. Che cosa significa?
«L’Apocalisse, nella sezione delle sette lettere alle Chiese, conclude ciascuna lettera con l’espressione “Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese”. Io penso che prima di ogni programma, di ogni progetto e di ogni pur lodevole iniziativa che prendiamo, ci debba essere una viva attenzione a quello che lo Spirito sta già operando nelle nostre comunità, in modo che serva da indirizzo e da ispirazione per il nostro agire pastorale. Prima di qualsiasi altra nostra valutazione».

Andrea Antonuccio 

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