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Vescovo Guido: La Chiesa è un grande popolo costituito da legami d’amore

«Carissimi, abbiamo ascoltato nella liturgia della Parola delle cose molto belle, molto profonde. In occasione della prima Alleanza, il Signore parla sul monte e invita Mosè a salire sul monte. Ma sappiamo anche che questo invito era stato esteso anche agli anziani del popolo, ad un certo punto, e questi avevano declinato l’invito perché si erano spaventati dell’incontro con il Signore. Dio un po’ ci fa paura. Sono tante le ragioni per cui Dio ci fa paura, ma forse vengono tutte a condensarsi in un problema: fatichiamo a pensare che ci sia qualcuno che possa condurre la nostra vita perdendo noi il comando, il controllo. La nostra vita: averla in mano è una cosa
che ci dà sicurezza. Per cui siamo abituati che quando io perdo il controllo delle situazioni queste prendono delle pieghe che di solito non mi portano sulle strade buone. […] Perché noi siamo fatti così dentro abbiamo una libertà che è volta a far muovere ciò che fa parte della nostra vita. Perciò l’incontro con Dio talvolta fa paura. […] Le profezie dell’Antico Testamento dicevano che la Legge non sarebbe più stata scritta sulle tavole di pietra ma sulle tavole dei cuori. E il giorno della Pentecoste in qualche misura è la realizzazione, in rapporto alla Nuova alleanza, di quello che accade sul Sinai. […] A Pentecoste Dio scrive sui cuori, scrive dentro di noi. Allora il popolo che
non accede al monte ha forse anche un significato, come a dire: “Non è ancora giunta l’ora”. Ma adesso è quell’ora. Quell’ora profetizzata, dopo la Pentecoste è presente: “Effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo – l’abbiamo ascoltato da Gioele – e diverranno profeti i vostri figlie e le vostre figlie, i vostri anziani faranno sogni e i vostri giovani avranno visioni”. Ora perché mai la Chiesa nasce proprio a Pentecoste? Perché a Pentecoste viene reso evidente quel dono che era già manifestato sulla Croce al momento della trafittura del costato di Cristo, che richiamava la nascita della donna dal fianco dell’uomo […] dal fianco di Adamo addormentato Dio traesse la costola con cui plasmare la donna, così dal fianco del Cristo, addormentato nel sonno della morte in Croce, Dio trae sangue e acqua, segno dei Sacramenti su cui plasma la Chiesa, il Battesimo e l’Eucarestia. La Pentecoste realizza l’evento della Croce, ma lo realizza in che modo? Con il dono dello Spirito. Che cos’è lo Spirito? È l’amore del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Padre. Alla fine il dono dell’amore è il punto centrale dal quale facciamo risalire la concretizzazione della nascita della Chiesa, e questo ci fa capire molte cose. Il Papa nel suo ultimo documento dice che in fondo la santità consiste nell’amare. La Chiesa che cos’è? È un popolo costituto da legami, questi legami costituiscono la particolare modalità del popolo. E sono legami di amore, non siamo Chiesa se non ci amiamo. “Da questo sapranno se siete miei amici e avrete amore gli uni per gli altri”. Papa Francesco al Giubileo dei ragazzi diceva: “Ragazzi, il vostro amore gli uni per gli altri è il vostro documento d’identità, da questo si capisce chi siete”. È come un documento d’identità non possiamo esserne sprovvisti. Capite carissimi fratelli e sorelle, che in definitiva l’essere chiesa vuol dire vivere legami d’amore. In questo dobbiamo fare attenzione perché vivere legami d’amore non è per niente facile. Questo amore non è una sdolcinatezza emozionale e non è nemmeno un’astrazione razionale. È qualcosa di reale e di profondo che viene travasato al nostro cuore da Dio stesso per mezzo del dono dello Spirito, e che poi si traduce in gesti che sgorgano da un amore del cuore. Se io vedo l’amore come una questione sentimentale non riuscirò a cogliere la profondità dell’amore di Cristo, molto più grande e molto meno superficiale, ma rimarrò in un piano istintivo che non è quello inteso da Cristo. D’altra parte se vedo l’amore in una chiave troppo razionale non arriverò a viverlo nella sua concretezza. Il Papa parla della deriva dello gnosticismo e del pericolo di non arrivare a toccare la carne dei fratelli, in un’astrazione. Com’è difficile, anche perché siamo tutti diversi. E ciascuno di noi ha un modo differente di amare perché ha una storia differente, un vissuto differente. E tutti i nostri vissuti, ahimè guarda caso, sono segnati proprio nell’affettività. Tutti noi abbiamo dei problemi di affettività: non saranno psichiatrici, non saranno patologici, ma tutti abbiamo dei problemi affettivi, perché l’affettività è proprio al cuore intimo della persona ed è la cosa più grande, più delicata, più ferita. E quindi questa missione dell’amore s’incarna in noi […] in una serie di azioni da fare, che a volte sintetizziamo con questa pessima espressione: “Fare la carità”. Come se fare la carità sia qualcosa da fare, tipo dare l’elemosina. Il problema è che l’amore si concretizza in un percorso interiore vissuto da ciascuno di noi e questo percorso interiore ha una crescita nel corso della nostra vita. E questa crescita avviene per mezzo della comunità, prima comunità tra tutte è quella familiare. È la prima di vicinanza ma solitamente è l’ultima di raggiungimento, sia ben chiaro. Perché esattamente i nostri problemi affettivi nascono dalla fatica di vivere i primi tempi della nostra vita, quelli non razionali, la relazione con gli altri, prima di tutto nella famiglia. Quindi è chiaro che nella famiglia i problemi verranno guariti più tardi perché ci sono delle cicatrici, ci sono dei pregressi, che fanno faticare di più rispetto a dove partiamo ex novo .

Guido Gallese

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