Nel mio articolo di Avvenire di mercoledì ho raccontato dell’inaugurazione della cantina di Domenico Almondo e dei suoi figli Stefano e Federico a Montà d’Alba. Una famiglia italiana che ha tenuto duro quando, nel Dopoguerra, le campagne si spopolavano poiché la terra e il vino non avevano i valori di oggi. Ma allora, pur nella povertà, c’era una visione, un punto fermo da cui partire. E questa chiarezza di intenti ce l’hanno oggi anche Stefano e Federico che sostengono che un produttore di vino debba rispettare di più la vigna, limitando il più possibile gli interventi tecnici. La loro posizione rivela come il mondo del vino italiano abbia cambiato pelle e sia foriero di una nuova economia. Ma manca il riconoscimento in casa nostra. E lo smarrimento registrato in questi giorni in Italia, con le tensioni in costante salita, è uno schiaffo a questa economia, come lo sarebbe aprire i seggi ad agosto mentre l’Italia è in vacanza per alimentare il settore del turismo che va di pari passo con l’exploit dell’agroalimentare. Occorre pertanto trovare qualcosa che possa riportarci tutti alla realtà dei fatti.
Paolo Massobrio