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Mia madre e i miei fratelli! – commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco

Commento al Vangelo di Domenica 10 giugno 2018
X domenica del tempo ordinario

«Ci si abitua a veder fare il male, a tollerarlo: poi si comincia con l’approvarlo e si finisce col commetterlo» (Honoré de Balzac). La Parola di Dio di questa decima domenica del Tempo Ordinario mette sulla scena la potenza delle tenebre sulla vita degli uomini. La si ritrova nel genesiaco “racconto di origine” rappresentata dalla figura del serpente che “era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio” (Gen 3,1).

Il serpente non è soprannaturale, non si tratta di una divinità né di un avversario trascendente di Dio. La scelta del serpente è giustificata dal significato religioso e mitico che a questo animale attribuisce la cultura dell’Antico Vicino Oriente.

Il serpente rappresenta la dimensione irrazionale e istintiva della natura, conosce i suoi misteri e il suo sbucare improvviso e inaspettato richiama al mondo imprevedibile delle tenebre, del lato oscuro dell’uomo in antitesi alla luce della ragione, della libertà vera, della relazione autentica e dello sguardo puro. Dopo aver mangiato del frutto dell’albero, l’uomo sente la voce di Dio e ha paura di lui perché sa di essere nudo, non è più capace di stare davanti a Dio nella pienezza della luce.

L’equilibrio irenico della creazione è ormai spezzato: la sofferenza e la morte entrano nella vita dell’uomo e della donna. Le tenebre saranno vinte ma la macchia dell’oscurità ferirà per sempre l’umanità. Diversa è la collocazione della potenza delle tenebre nella pagina evangelica. Gesù, che aveva ormai un suo seguito, discepoli e folla che lo seguivano, non piaceva all’establishment religioso di Gerusalemme.

Chi non riconosce l’opera di Dio non è docile allo Spirito Santo

Infatti, giungono degli scribi e lo accusano: “Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demoni per mezzo del capo dei demoni” (Mc 3,22). Beelzebul era il nome del principe delle divinità cananee, dio della fecondità e della vita, letteralmente “Baal il principe”, simboleggiato dal toro. Nel Primo Testamento si ha una forma spregiativa di questa divinità, chiamata “Beelzebub”, letteralmente “Baal delle mosche” (2Re 1,2-3).

Nel Nuovo Testamento diviene il “principe dei demoni” (Mc 3,22). Gesù viene accusato di essere posseduto dal demonio perché riesce a scacciarlo con i suoi esorcismi. La sua risposta richiama gli scribi sull’assurdità della loro affermazione: “Come può Satana scacciare Satana?” (Mc 3,23), sarebbe irrazionale anche per il demonio combattere contro sé stesso. Gesù afferma inoltre che chiunque non sa riconoscere l’opera di Dio e la confonde con quella di Satana non è docile allo Spirito Santo e lo sta bestemmiando.

Quante volte nell’esperienza dei singoli credenti o della comunità cristiana non si sa riconoscere l’opera dello Spirito Santo, ma si accusa di agire nel nome delle tenebre. Per vedere la luce bisogna essere “fratelli, sorella e madre” (Mc 3,35) di Gesù e fare la volontà di Dio, ascoltando la sua Parola. La luce dello Spirito liberi da ogni tenebra.

a cura di don Giuseppe Di Luca

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