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Da “L’Azione” il saluto a don Carpenè

Giovedì 21 giugno, all’ospedale civile di Conegliano (TV), è mancato don Giovanni Carpenè, del Clero della Diocesi di Vittorio Veneto e per molti anni in servizio pastorale nella Diocesi di Alessandria come cappellano nel mondo del lavoro. Riportiamo un estratto di un articolo del settimanale diocesano “L’Azione” di Vittorio Veneto.

[…] Era nato nel 1928 a Col San Martino. Dopo gli studi nel Seminario di Ceneda, venne ordinato sacerdote dal vescovo Zaffonato nel 1951. Dopo alcuni anni di servizio in diocesi (come cappellano a San Polo e vice rettore del collegio Cima a Conegliano) nel 1956 viene nominato cappellano Onarmo a Roma. Quindi dal 1966 al 1968 è cappellano del lavoro in Belgio e dal 1968 al 2014 ad Alessandria. Quattro anni fa il ritorno in diocesi. […] Nell’omelia della liturgia eucaristica di commiato, il pomeriggio di sabato 23 giugno nella chiesa di Col San Martino, il vescovo Corrado, che ha potuto conoscere solo negli ultimi tempi don Giovanni, ne ha ricavato «l’impressione chiara di una persona polarizzata su un unico obiettivo: quello che, nel vangelo, Gesù chiama “il regno di Dio e la sua giustizia”. Probabilmente i fratelli Carpenè l’avevano nel sangue, instillato nel cuore dai loro genitori, perché sia don Giovanni sia don Giuseppe sia la sorella Onesta – pur in modo diverso – hanno realizzato nella loro vita questa chiara scelta: quella di servire ad un unico padrone, Dio. E di servirlo mettendosi dalla parte dei poveri». Don Giovanni dimostrò ben presto una grande sensibilità per l’annuncio del vangelo alle persone e alle categorie più deboli. «Una di queste era certamente la categoria degli operai, dei lavoratori dell’industria che cominciava a riprendersi dopo il secondo conflitto mondiale – ha ricordato il Vescovo -.  Con condizioni, occorre dirlo, che penalizzavano – a quel tempo – pesantemente gli operai. Probabilmente per questa sua sensibilità, fu mandato a Roma come cappellano dell’Opera nazionale di assistenza religiosa e morale degli operai (l’Onarmo)». Quindi i due anni in Belgio e nel 1968 la richiesta al vescovo Luciani, di poter iniziare, qui in Italia, un’esperienza di prete operaio. Luciani acconsentì ma l’esperienza doveva essere vissuta in altra diocesi. Don Giovanni trovò quello che cercava nella diocesi di Alessandria, dove si spostò a cominciare dal 1968. Lavorò come operaio in una fabbrica metalmeccanica ad Alessandria. Si iscrisse al sindacato, nel quale ricoprì anche ruoli di notevole responsabilità. Il suo impegno maggiore lo svolse nell’esperienza delle “150 ore” (un accordo, promosso dal sindacato, che consentì a molti operai di ottenere il diploma della scuola dell’obbligo di cui la maggior parte – a quel tempo – era sprovvista). Si impegnò inoltre nell’Ufficio Stranieri, da lui fondato, che divenne poi Ufficio Migranti. Don Giovanni fu anche presidente dell’Istituto per la Cooperazione allo Sviluppo e promosse molte iniziative, tra cui una corsa podistica cittadina diventata in seguito famosa (la StrAlessandria), allo scopo di raccogliere fondi per opere di sviluppo sostenute, in vari paesi del mondo, da questo Istituto. Tra queste iniziative ci furono certamente quelle promosse in Laos e in Cambogia dalla sorella Onesta, a cui egli fu sempre profondamente legato. E proprio a raccogliere e a far conoscere l’esperienza e il pensiero di Onesta, don Giovanni ha dedicato le sue energie di questi ultimi anni, giungendo alla pubblicazione di un bel volume uscito poco più di un anno fa.

Federico Citron

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