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Ecumenismo – Sabato 19 la preghiera per l’unità dei cristiani

Si celebrerà sabato 19 gennaio prossimo, alle ore 19, presso la chiesa della Madonna del Suffragio la preghiera per l’unità dei cristiani, che ormai da molti anni vede impegnate insieme le diverse chiese cristiane, cattolici, ortodossi e riformati. La data tradizionale per la celebrazione della settimana va dal 18 al 25 gennaio, nella convinzione della necessità di un impegno comune, perché le diverse comunità che si sono divise per motivi storici possano tornare unite, pregare insieme e vivere la stessa fede. Per questo abbiamo voluto approfondire alcune questioni con don Maurilio Guasco (nel tondo, a destra).

Don Maurilio, che cos’è l’ecumenismo?
«Il termine ecumenismo, o “movimento ecumenico”, indica le attività e iniziative organizzate dalle chiese cristiane per promuovere l’unità dei cristiani, dopo le divisioni verificatesi con le chiese orientali nell’XI secolo e nelle chiese occidentali nel corso del XVI secolo. Il 1910 può essere considerata la data di nascita del movimento ecumenico. Circa 1200 delegati delle chiese cristiane si ritrovarono a Edimburgo; erano presenti anche delegati delle chiese africane e asiatiche. Uno di questi disse, rivolgendosi ai rappresentanti delle chiese europee: “Ci avete inviato dei missionari che ci hanno fatto conoscere Cristo, e ve ne siamo grati. Ma ci avete anche portato le vostre divisioni. Vi domandiamo di predicarci il Vangelo e di lasciare a Gesù Cristo stesso di suscitare in seno ai nostri popoli per mezzo dell’azione del suo Spirito Santo la chiesa conforme alle sue esigenze, conforme anche al genio della nostra razza… libera da tutti gli “ismi” che voi aggiungete alla predicazione del Vangelo tra di noi”. Forse quella dichiarazione costituì la scintilla che mise in moto un movimento che da decenni era presente nelle varie chiese cristiane, convinte che a un cammino di divisione si dovesse ormai sostituire un’inversione di marcia, mettendo in risalto gli elementi che le chiese avevano in comune, piuttosto che le ragioni delle divisioni».

Quali sono i frutti più importanti di questa presa di coscienza?
«Senza dubbio i frequenti incontri e dialoghi fra i rappresentanti delle varie chiese e la nascita di diverse commissioni di studio tra le due guerre. Ricordiamo due commissioni di lavoro, una per i problemi dottrinali, Faith and Order, e una per i problemi pratici, Life and Work, che nel 1948, confluirono nel Consiglio Ecumenico delle Chiese, il più importante organismo ecumenico: non si trattava di far nascere una nuova chiesa, ma un’associazione fraterna di chiese che riconoscono in Gesù Cristo il loro Dio e Salvatore. Ricordiamo poi i pionieri dell’ecumenismo, quali Max Josef Metzger e Dietrich Bonhoeffer, ma anche il pastore svizzero Roger Schutz che, stabilendosi a Taizé, creò un luogo di dialogo e di preghiera ecumenica. Come è noto egli raccoglieva nella stessa casa persone provenienti da chiese cristiane diverse: un seme che negli anni sarebbe cresciuto enormemente, fino a diventare mèta di pellegrinaggi e incontri di carattere internazionale».

Nella chiesa cattolica quali sono state le conquiste ecumeniche?
«Per lungo tempo l’atteggiamento abituale della gerarchia cattolica è stata di rifiuto dell’ecumenismo. Si era diffidenti verso la mentalità ecumenica e si sosteneva una linea unionista chiara: non si trattava cioè di pensare a dialoghi tra le chiese – considerandole quindi tutte sullo stesso piano – ma di ribadire che l’unione si sarebbe ricostituita quando coloro che avevano abbandonato la casa del Padre (la chiesa cattolica) vi avessero semplicemente fatto ritorno, abbandonando il loro errore. La vera svolta per i cattolici avviene abbandonando questo atteggiamento, con il concilio Vaticano II, specialmente nell’approccio fraterno e aperto di Giovanni XXIII, che decise di fondare il Segretariato per l’unita dei Cristiani, guidato dal card. Bea. Il concilio elabora il decreto Unitatis redintegratio, nel quale si invitano tutti i fedeli cattolici «perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all’opera ecumenica», ed esprimeva l’auspicio che «le iniziative dei figli della chiesa cattolica procedano congiunte con quelle dei fratelli separati. La successiva approvazione della dichiarazione Dignitatis humanae, sulla libertà religiosa, faceva fare alla chiesa cattolica un altro salto qualitativo, con il riconoscimento assoluto della libertà di coscienza anche in materia religiosa».

don Stefano Tessaglia

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