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La recensione – Alla radice la libertà

Timothy Radcliff e dal 1992 al 2001 fu Maestro (cioè Superiore generale) dell’Ordine dei Frati Predicatori. Lasciato il compito di governo è tornato in Inghilterra, da cui si è dedicato a conferenze e incontri in ogni parte del mondo. Da questa intensa attività nasce il suo ultimo libro, “Alla radice la libertà”, pubblicato pochi mesi fa da Emi (pp 157, euro 15).

Il testo vuole essere un messaggio di speranza e realismo o, se si preferisce, di speranza realistica, a partire dalla constatazione che nell’esistenza di una persona non mancano periodi di crisi, che sono, contrariamente a quanto potrebbe apparire prima facie, il modo ordinario di crescere. Così anche nella vita spirituale: «il nostro più grande sacramento, l’eucaristia, commemora la crisi totale» (p. 20), ossia l’apparente fallimento della missione di Gesù che consegna il suo corpo in dono prima dell’abbandono di tutti.

Certo, per vivere positivamente la crisi occorre effettuare una “operazione verità”, sempre più ostacolata dai social media, che abituano a frequentare solo chi la pensa come me; san Tommaso d’Aquino nel XIII secolo invitava invece alla latitudo cordis, ad avere cioè un cuore spalancato per lasciarsi fecondare dalle idee degli altri cogliendone gli aspetti positivi e migliorando così le proprie convinzioni. Tale atteggiamento urta un desiderio tipico della nostra epoca: il controllo. Eppure, essere cristiani significa perdere il controllo assoluto sulla propria vita per collocarla nelle mani di Dio, ascoltando ogni giorno i suggerimenti dello Spirito che è stato donato nel battesimo e nella cresima. Educarsi vuol dire, allora, uscire dall’egocentrismo togliendoci l’armatura che abitualmente indossiamo nell’incontro con l’altro, spesso percepito come un limite alla nostra libertà. In effetti, afferma il testo con quello stile umoristico che lo percorre interamente, «la buona notizia è che Dio ti ama, la notizia cattiva è che ama anche tutti gli altri» (p. 81).

Per questo è importante che la Chiesa sia «una casa abbastanza ampia da dare spazio a chi si arrabbia e protesta» (p. 84): è controproducente appiattire ogni posizione in nome di un malinteso concetto di comunione. «Il cattolicesimo è irriducibilmente plurale e inalienabilmente uno» (p. 97). Il libro si conclude con una riflessione di attualità. L’ospite nella Bibbia porta sempre con sé la benedizione divina; tuttavia «il nostro impegno a far sentire a casa loro i migranti è inscindibile dal desiderio di far sentire a casa propria anche i nostri poveri» (p. 103). Prospettiva interessante. Il volume, che risente positivamente della matrice orale da cui è nato, offre molti spunti di riflessione e meditazione per capire che la libertà di cui parla il titolo non è la mera possibilità di scelta ma consiste nella possibilità di costruire il bene in sé e attorno a sé.

Fabrizio Casazza

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