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Riviviamo la Gmg con le esperienze dei nostri giovani

Le storie e i racconti che hanno caratterizzato il pellegrinaggio a Panama

  • Francesco e la familiarità
  • Agnese e il Papa da vicino
  • Martina e la spiritualità
  • Matteo e la responsabilità
  

Francesco Mancaniello, 15 anni, accolto in una delle famiglie panamensi.

Come siete stati accolti nelle famiglie?
«Siamo stati accolti con molto calore. All’inizio non pensavamo di ricevere così tante attenzioni, ma con loro ci siamo trovati subito molto bene».

Avete potuto toccare con mano il loro modo di vivere?
«Sicuramente il momento in cui siamo stati più a contatto con loro è stato quello del pasto. Qui abbiamo potuto mangiare con loro i cibi tipici panamensi. La famiglia che mi ospitava sapeva molto bene l’inglese e questo ha facilitato la comunicazione. Il padre è un architetto che ha progettato il palazzo in cui abbiamo vissuto, mentre la moglie è un’infermiera».

Secondo te come ha influito la Gmg nelle loro vite?
«Secondo me questa Gmg l’attendevano veramente da tanto tempo. Oltre a essere molto interessati alle cose che facevamo, erano orgogliosi di poterci ospitare».

Il ricordo più bello di quella convivenza?
«Porterò sempre con me il ricordo dei loro due figli. Che inizialmente avevano un po’ di timore nei nostri confronti, ma verso la fine della nostra permanenza hanno preso confidenza e abbiamo iniziato a giocare insieme. Appena siamo tornati ad Alessandria, abbiamo comprato giocattoli e cibi tipici che stiamo per spedire alla nostra famiglia adottiva».

Agnese Lucato, 18 anni, in rappresentanza della parrocchia di Sant’Alessandro ha partecipato alla Via Crucis a ridosso del palco.

Raccontaci la tua esperienza. «Era il giorno della Via Crucis e cinque persone, in rappresentanza del nostro gruppo, dovevano raggiungere una parte del settore sotto il palco dove c’era il Papa. Nonostante le mille difficoltà, tra resse e spintoni, siamo riusciti ad arrivare all’ingresso. Qui, prima di entrare nel nostro settore, di fronte a noi abbiamo visto anche passare il Papa dentro la macchina che lo stava trasportando».

Cosa ti ha colpito di più?
«All’inizio non pensavo di arrivare così vicina al Papa, e sicuramente mi ha colpito il fatto di viverla più da vicino rispetto agli altri. Per questo ho sentito questa esperienza spiritualmente in modo molto intenso. La cosa che mi ha colpito di più è stato il silenzio: un silenzio vero, tutti erano veramente in raccoglimento. E questa cosa mi è servita anche per seguire meglio la celebrazione. Ma ricordo anche che, in una delle ultime stazioni della Via Crucis, ci siamo inginocchiati ed è stato un momento molto carico. Infine, al termine della celebrazione, noi cinque siamo rimasti insieme, raccolti in preghiera. Un momento che porto nel cuore, perché la preghiera ha un altro sapore se vissuta insieme».

Quali parole del Papa ti hanno toccato?
«Sicuramente mi ha colpito quando il Papa ha detto che Maria è un’influencer di Dio. All’inizio sono rimasta un po’ perplessa, ma riflettendoci ho capito il messaggio che il Santo Padre ci ha voluto dare. E questo mi è rimasto impresso».

Martina Diotallevi, 18 anni, ci racconta l’esperienza di catechesi e della liturgia della confessione.

Parlaci delle catechesi. «Tutti gli italiani erano ospitati a Casa Italia. Qui arrivavamo al mattino ed eravamo divisi in gruppi di 40 persone. Ogni gruppo era guidato da un vescovo, noi eravamo con monsignor Camillo Cibotti, vescovo di Isernia-Venafro. Nelle due giornate di catechesi abbiamo discusso del tema portante della Gmg: la vocazione. In particolare nella prima mattinata abbiamo cercato di capire, confrontandoci e riflettendo con il “nostro” vescovo, su quale possa essere la chiamata di Dio per noi ragazzi. Il giorno seguente il tema principale è stato il nostro rapporto con la Parola. Qui ci siamo resi conto di quanto sia necessario ascoltare la Parola di Dio per comprendere ciò che lui ci chiede. Ma ci siamo anche chiesti quanto “frequentiamo” la Bibbia e quanto sia importante avere un padre spirituale per fare luce».

Il vescovo a Tv2000 ha fatto notare da una parte la gioia e la festa della Gmg, dall’altra la spiritualità e il raccoglimento durante i momenti di riflessione. È stato così?
«Per me assolutamente sì. Mi ha colpito l’approccio nella catechesi: leggevamo insieme un brano e, dopo il commento del vescovo, ci raccoglievamo in silenzio e ognuno rifletteva. Altro momento di spiritualità, la veglia con il Santo Padre, eravamo in 500 mila. Prima c’era la festa e la gioia, ma quando è arrivato il momento di adorazione, il Papa ha chiesto il silenzio. E sentire la potenza della preghiera nel silenzio di tutta quelle persone mi ha veramente emozionata. Lì abbiamo vissuto il momento più intenso di questa Gmg».

Cosa ti ha colpito di più nel momento della confessione?
«Ci siamo raccolti tutti nella parrocchia di Guadalupe e abbiamo iniziato la liturgia penitenziale. All’inizio ero scettica nei confronti di questa liturgia, della sua potenza, e la verità è che mi è sempre pesato confessarmi. Ti costringe a guardarti dentro e spesso ciò che vedi non ti piace. Prima abbiamo letto il brano di Vangelo del cieco e ci hanno fatto bendare. Poi siamo rimasti con queste bende in silenzio, in dialogo con la nostra coscienza. Dopo questo momento, ci hanno consegnato dei testi da leggere che ci potessero aiutare a prepararci al sacramento della penitenza e riconciliazione. Ognuno poi doveva cercarsi un sacerdote per confessarsi. All’inizio un po’ tutti eravamo timorosi, ma con quel silenzio e quei testi ci siamo lasciati andare. Posso dire che alla fine ci si sente veramente sollevati e “rinnovati”».

Come hai raccontato la Gmg ai tuoi amici che non sono venuti?
«Una frase che porto sempre con me dice: “È difficile raccontare l’esperienza di Dio a chi non l’ha fatta”. Ed è proprio così. Quando mi domandano di Panama, è sottinteso che mi domandano: “Come sono il mare e i Caraibi?”. Allora prima racconto questo, poi provo a spiegare il valore di un’esperienza come questa. Quando vivi queste cose e vedi persone come te, che la pensano come te e con la stessa spiritualità (anche con approcci differenti), non è facile da raccontare agli altri. Senza la presenza di Dio questa esperienza sarebbe stata un viaggio turistico».

Matteo Penno, 21 anni, responsabile del gruppo Oratorio San Filippo Neri

Cosa è significato per te il ruolo di responsabile?
«Non è stato molto complicato, perché avevo persone che non mi hanno dato molti problemi. Ho trovato più complicato stare in fondo per controllare che nessuno si perdesse, soprattutto nei momenti in cui eravamo in mezzo a migliaia di ragazzi».

Questo ruolo è stato un peso per te?
«Più che un peso direi un’opportunità di crescita. Perché dopo essere già stato responsabile dei centri estivi della mia parrocchia, essere responsabile di persone molto lontano dall’Italia è stato un motivo per crescere e migliorarmi. Questa Gmg è stata un’esperienza che mi ha insegnato a comportarmi quando ho delle persone a mio carico».

Come hai visto il gruppo durante questo percorso?
«Quando non ci si conosce tutti e si sta per un periodo sempre insieme, per i primi momenti ognuno è stato per le sue. Ma in poco tempo siamo diventati una vera e propria famiglia. Questo è lo spirito della Gmg, che ho riscontrato anche al di fuori del nostro gruppo: nonostante le diverse nazionalità e culture, ognuno era pronto ad abbracciare un perfetto estraneo per far festa insieme. Ma posso dire di aver visto anche una crescita spirituale, sia nei ragazzi che avevo a carico sia la restante parte del gruppo».

Conti di andare anche a Lisbona?
«Assolutamente sì, punto!».

Leggi anche l’intervista a Carlotta Testa, responsabile della Pastorale giovanile e vocazionale della diocesi di Alessandria ( http://lavocealessandrina.it/?p=10983 )

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