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Giornata mondiale della gioventù: il ritorno – Sono orgoglioso di essere il loro vescovo!

Eccellenza, domenica scorsa ha incontrato i ragazzi che sono venuti con lei a Panama alla Giornata mondiale della Gioventù. Lì, davanti a tutti, indicando i giovani lei ha esclamato: «Sono orgoglioso di essere il loro vescovo!». Ce lo spiega?
«I ragazzi mi hanno commosso. Abbiamo rivisto le fotografie della Gmg ed è stato un incontro molto bello per genitori, amici e persone interessate che hanno voluto “com-partecipare” alla Giornata mondiale della Gioventù. Ogni ragazzo ha scelto un paio di fotografie per lui significative e le ha commentate. E lì si è vista la profondità dei giovani, perché si è capito che per loro la Gmg è stata un evento particolarmente profondo e toccante. Hanno colto una dimensione di gioia e di comunione con i loro coetanei, ma anche il grandissimo valore dell’accoglienza delle famiglie che li hanno ospitati. E non hanno praticamente scelto le foto del Papa».

Urca… e questo è un buon segno?
«Sì, io lo vedo in termini positivi. Si può andare alla Gmg perché c’è il Papa, ma poi si rimane colpiti dalla prossimità dei rapporti. Questa è una cosa veramente bella, una testimonianza grande, anche per la loro vita: così possono capire che si può vivere in un modo diverso. Poi tutti hanno sottolineato la bellezza dell’incontro e il silenzio che c’è stato alla veglia con il Papa. Un silenzio impressionante. Io ero in prima fila, ma mi veniva voglia di girarmi per vedere se c’era ancora qualcuno dietro. Un silenzio talmente impressionante da pensare che se ne fossero andati via tutti (sorride)».

Lei come Pastore non ha la preoccupazione che l’impatto di un’esperienza di questo genere finisca poi con l’annacquarsi nella vita quotidiana?
«Da una parte ne ho la certezza, ma non la preoccupazione. Nel senso che anch’io l’ho sperimentato nella mia vita da giovane… eppure sono qua e sono vescovo! Ma questi alti e bassi della vita spirituale sono assolutamente la normalità. Dall’altra parte devo dire una cosa: se questi giovani sono venuti alla Gmg è grazie a una cura pastorale. Io voglio ringraziare i sacerdoti che hanno una cura che permette ai giovani di fare queste esperienze e di tornare a casa carichi di un “bagaglio” per mettere ancora più a frutto questa cura pastorale. Quindi se sono venuti alla Gmg è proprio perché c’è una cura che può essere vissuta con ancora più intensità e convinzione. Poi chiaramente questo significa che tornati a casa avranno i loro alti e bassi… ma la vita è questa!».

C’è qualcosa di quello che i ragazzi hanno portato in questo incontro che le era sfuggita e che ha “riscoperto”?
«L’accoglienza, l’ospitalità. Io quella non ho potuto sperimentarla in prima persona perché ero con gli altri vescovi in albergo.  Un po’ mi dispiace stare in hotel quando faccio la Gmg, perché vorrei essere con i ragazzi. Ma devo dire che è stata un’esperienza straordinaria anche stare insieme con i miei confratelli: poter parlare, scherzare, fare un tratto a piedi di strada, confrontarsi sulle diocesi, chiacchierare un po’ a tavola… Cioè fare una semplice vita di fraternità, che tra vescovi però non riusciamo mai a fare, quando ci vediamo alle assemblee della Cei o in altre occasioni. Quindi per me è stata un’esperienza bellissima. Nei ragazzi ho rivisto il senso dell’accoglienza dei panamensi, che è stata squisita e strepitosa. Sono stati decisamente all’altezza rispetto alle mie preoccupazioni organizzative. Per loro è stato l’evento più grande della loro storia, in relazione con il mondo esterno. Un evento completamente fuori dall’ordinario:
una popolazione così esigua che ospita un numero di persone così grande… chiaramente era un’incognita».

Non le è sembrato che in questo incontro di domenica i ruoli si siano ribaltati, cioè che siano stati i figli a educare i loro genitori?
«Certo che sì. Quando ho detto: “Sono orgoglioso di essere il loro vescovo”, in fondo ho provato le stesse cose che hanno provato i loro genitori. Perché io ce li avevo di fronte, li vedevo. Loro erano orgogliosi di essere padre e madre dei loro figli, e in questo essere orgogliosi, in un “campo” che non va tanto di moda, mi sono accorto che il Signore passa in direzioni che neanche ci aspetteremmo. E invece ho visto con chiarezza questo livello di evangelizzazione: le cose che riguardano i giovani non riguardano soltanto i giovani, ma riguardano tutta la comunità».

Andrea Antonuccio

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