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La testa e la pancia – Niente voci nel deserto

Per dare la misura di quello che, a sommesso avviso di chi scrive, è il reale valore dell’Alessandria Calcio di quest’anno, potrei ricorrere ad una sorta di finzione o, se si preferisce, ad una immedesimazione psicologica: se, a partita terminata, nella solitudine del commentatore che fa le proprie analisi per verificare cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato, che ripassa le carte per potere dare voti immaginari e di fatto stilare una graduatoria, o di fatto anche solo un bilancio che possa consentirgli di dire la sua con un minimo di cognizione di causa nell’etere radiofonico, piuttosto che non sull’inchiostro della carta stampata, ebbene, se penso a quel momento di solitudine, e penso ai giocatori dell’Alessandria, mi rendo conto che non ce n’è uno che mi appaia in grado di fare la differenza, che, in buona sostanza, non c’è un’individualità che abbia lasciato il segno. Non voglio apparire così caustico, perché qualche buon giocatore c’è: il portiere Cucchietti, ad esempio, è di certo un elemento di qualità, Maltese (sia pure conevidenti limiti da un punto di vista tattico) dispone di “piedi di velluto” e lo stesso, controverso, centravanti De Luca, se bene imbeccato, può essere un elemento dai buoni numeri come, sebbene con altri compiti, l’esperto Alessandro Gazzi. Poi, però, mi rendo conto che in fondo in fondo m’inganno, e che in questa squadra non vedo veramente un uomo, che sia uno, che possa colpire, lasciare una breccia, fare la differenza: che sia un difensore insuperabile, piuttosto che un veloce uomo di fascia in grado di pennellare i giusti cross al centro, piuttosto che un attaccante infallibile: magari uomini dal rendimento a corrente alternata, condizionati da un momento non propriamente felice della squadra, ma comunque sia giocatori di assoluta qualità. Ecco, questo senso di sicurezza che solo il valore assoluto degli uomini di una formazione, sia pur magari non brillante, sa trasmettere, l’Alessandria di quest’anno non lo ha, né lo può dispensare ai suoi supporters. Ed ecco allora che ritorna la vecchia questione: non si può parlare di progetto quando non esiste una vera e solida base su cui costruire per l’avvenire, ma si assiste ad una stagione di rivisitazione al ribasso dell’ambizione e delle mire degli scorsi campionati con, all’orizzonte, l’ennesima rivoluzione per poter tornare competitivi, o almeno provarci…

Silvio Bolloli

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