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Gli auguri del nostro vescovo per la Santa Pasqua 2019 – Condividere il cammino per risorgere con Lui

Eccellenza, ha visto che cosa è successo a Parigi, alla cattedrale di Notre Dame…
«Sono rimasto senza parole, è qualcosa che ha dell’incredibile. Da qualsiasi punto di vista lo si guardi, quello che è accaduto ha un valore simbolico terribile. Sono vicino ai fratelli di Parigi, che non potranno celebrare la Pasqua nella loro cattedrale».

Per questa Pasqua la nostra cattedrale ha accolto le tavole della Via Crucis dipinte dai carcerati.
«Da una parte, in carcere una persona non ha altro che sé, e non ha nemmeno la possibilità di disporne liberamente. Quindi, per certi versi, si trova in un luogo particolarmente adatto a rivedere la propria vita. Dall’altra parte, il carcere non è in sé un luogo di risurrezione ma solamente un luogo di morte. Alla risurrezione i carcerati vanno accompagnati. La risurrezione non è un passaggio naturale, ma contro natura, e richiede un intervento esplicito di Dio. L’uomo è per sua natura “programmato” per l’autoconservazione, perché il corso della natura è esattamente questo: non morire! Gesù invece è venuto a salvare l’uomo morendo, violando così quel codice naturale che è scritto in ogni parte di noi e abbattendo con forza e decisione il muro della morte. Il problema è che seguire Gesù chiede una grande fede nella Sua risurrezione, nella vita eterna, nella risurrezione della carne: tutte cose estremamente deboli in questa società che si occupa solo di beni materiali, preferendo non entrare nemmeno nel merito di questioni riguardanti ciò che non si può toccare».

Come si recupera uno sguardo diverso sulle cose?
«Si recupera volgendo la testa e lo sguardo verso ciò che la Parola mi indica. La fede consiste proprio nello sguardo diverso sulla realtà, sguardo che si basa su un rapporto di fiducia che io instauro nei confronti di Cristo. La speranza poi è quella che mi fa perseverare nel perseguire quei beni che la fede mette nell’orizzonte del mio sguardo. La carità infine instaura in me la vera dinamica della relazione con Dio, con me stesso e con i fratelli».

Ci può fare un esempio personale?
«Mi viene in mente un passaggio molto recente. Mi è stato chiesto di diventare vescovo di Alessandria proprio il giorno dell’apertura della Anno della Fede. Questo ha aperto nuovi orizzonti nella mia vita. Orizzonti che mi hanno chiesto di essere osservati con uno sguardo di fede. Il vescovo non è uno che arriva, comanda, gli altri eseguono le sue direttive e tutto procede senza problemi. Ma è uno che arriva, ascolta, si confronta, propone e non gli obbediscono (ride). Allora deve riconfrontarsi, rivedere le cose, ridiscuterle, ricalibrarle e modificarle.  Oppure riproporle come sono, a seconda dei casi; e comunque deve perseverare con grande speranza nel raggiungimento di un bene che sembra non arrivare mai, andando avanti anche quando non si vedono frutti (che tuttavia dovranno necessariamente arrivare, assolutamente conformi a quanto scritto nel Vangelo, pena la non validità del messaggio di Cristo!). Questo cammino, verso una meta che si raggiunge attraverso un processo assolutamente non lineare e non logico, dal momento che segue la “non-logica” della morte e risurrezione, deve essere vissuto in una carità che tutto crede, tutto spera, tutto sopporta».

I suoi auguri di Pasqua alla diocesi?
«Il mio augurio è che sempre più siamo capaci di condividere il nostro cammino su questi temi. Perché solo condividendolo riusciremo a realizzarlo e a risorgere dai nostri fallimenti. Buona Pasqua a tutti!».

Andrea Antonuccio

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