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L’interVista a Nino Ivaldi

Monsignor Paolo Ivaldi nasce a Oviglio il 27 dicembre 1905, da Giuseppe Ivaldi e Margherita Lanzavecchia. Il padre oltre al quotidiano lavoro della campagna svolge anche il compito di sacrestano, mentre la madre è casalinga e cura l’educazione soprattutto religiosa dei tre figli. Paolo viene battezzato il 30 dicembre 1905 nella chiesa dei S.s Felice e Agata dal viceparroco Giuseppe Ragni. A 11 anni entra nel seminario diocesano e percorre con ottimi risultati l’intero corso ginnasiale-liceale e quello successivo in teologia. L’11 aprile 1925 riceve la tonsura; gli ordini minori il 17 maggio 1925 e il 29 maggio 1926; un anno dopo riceve il suddiaconato il 26 maggio; successivamente il 31 dicembre 1927 diventa diacono e diventa sacerdote il 17 maggio 1928, con l’ordinazione del vescovo monsignor Nicolao Milone.

Appena diventato sacerdote, oltre all’incarico di viceparroco nella parrocchia di San Giovanni Evangelista, per la sua disposizione verso gli studi umanistici ricopre la carica di insegnante di italiano, latino e greco nel seminario diocesano. Dal 30 luglio 1937 è nominato canonico della Cattedrale e assistente ecclesiastico dell’Unione donne cattoliche. Dal 1° ottobre 1946 è nominato rettore del Collegio vescovile maschile Santa Chiara, pur continuando la docenza in seminario; intanto è pure nominato assistente degli insegnanti medi di Azione Cattolica e dei maestri cattolici. Viene poi promosso canonico cantore con bolla nel 6 aprile del 1948 e arcidiacono del capitolo della Cattedrale nel 21 aprile 1955. Nell’agosto dello stesso anno viene designato dal vescovo come vicario moniale. Il 20 ottobre del 1961 muore a Oviglio.

Tra monsignor Paolo Ivaldi e il cardinal Giovanni Canestri un rapporto di filiazione spirituale docente-discepolo

«Sono sicuro che la figura di mio zio è stata fondamentale nella formazione spirituale e intellettuale del cardinal Canestri». Comincia così la nostra chiacchierata con Nino Ivaldi, 83enne pensionato ed ex sindaco di Oviglio per dieci anni, nipote di monsignor Paolo Ivaldi: un sacerdote importante per la nostra diocesi perché con il suo insegnamento, sia scolastico che spirituale ma soprattutto col suo esempio, ha indirizzato le vite di molti preti alessandrini.

Ivaldi, ci racconta i primi passi di suo zio?
«Monsignor Paolo Ivaldi è entrato in seminario a 11 anni, ma nonostante la tenera età ha seguito l’invito evangelico di non voltarsi dopo che si è messo mano all’aratro. Nel corso degli studi ha mostrato presto le sue rare doti di intelligenza e di sensibilità religiosa distinguendosi tra gli altri seminaristi. In particolare, rivelando una spiccata disposizione verso le materie letterarie, specialmente quelle classiche».

Poi arriva l’ordinazione e i primi anni di insegnamento.
«Appena ordinato sacerdote da S. E. monsignor Nicolao Milone, il 17 maggio 1928, viene designato come insegnante di latino e greco nel seminario diocesano mentre svolge un breve periodo di vice-cura presso la parrocchia di San Giovanni Evangelista (Rione Cristo). E nel 1936 viene nominato vice-rettore del seminario stesso. La sua predisposizione verso le lettere classiche era ammirata non soltanto dai suoi confratelli di corso, (per tutti loro mi piace qui ricordare monsignor Quinto Gho che fu direttore spirituale in seminario prima di divenire parroco di Felizzano per 34 anni), ma anche dai professori del locale ginnasio-liceo Plana i quali gli indirizzavano i loro migliori allievi per l’interpretazione di testi greci e latini particolarmente difficili. Nel 1946 è stato nominato rettore del collegio Santa Chiara, pur continuando l’insegnamento in seminario, incarico che ricoprirà sino alla morte improvvisa avvenuta il 20 ottobre 1961. Tengo a ricordare che le autorità locali ricorrevano al suo aiuto quando eventi importanti richiedevano il contributo di un esperto in lettere classiche. Per questo vorrei citare tre aneddoti…».

Ivaldi ci fece scoprire l’amore esclusivo per Gesù e il servizio per i fratelli

Ci dica pure.
«Il 21 aprile 1941, quando si trattò di inaugurare il nuovo Palazzo delle Poste di piazza della Libertà, gli fu chiesto di comporre l’epigrafe latina che ancora oggi appare a caratteri cubitali sul frontone del palazzo. L’epigrafe dice: “Ad commercium inter absentes fovendum et nummularia negotia expedienda aedes aptiores novensili arte absolutae. Die urbis natali XI Kal. Maias anno domini MCMXLI” (Per favorire il commercio tra assenti e regolare i rapporti economici, uffici più moderni costruiti in stile novecento. Nel giorno natale di Roma, l’anno del signore 1941)».

Il secondo…
«Risale al 7 luglio 1949, quando una delegazione di Centauri si recò a Roma per far accendere e benedire da sua Santità, papa Pio XII, una lampada votiva in onore della Madonna di Castellazzo. L’invito a tutti i centauri europei venne rivolto indirizzando loro una piccola pergamena con testo latino dettato proprio dallo zio».

Infine, il terzo…
«Devo però aggiungere una terza testimonianza importante. Celebrato nel 1950 il XV Sinodo Diocesano, l’intero corpo delle Disposizioni finali costituite da ben 547 articoli fu redatto ancora in latino a cura dello zio don Paolo».

Chi era per lei monsignor Ivaldi?
«Parlare dello zio non è facile. Perché lui intellettualmente e spiritualmente volava alto, e anche nei limitati rapporti di famiglia si evidenziava la “differenza di registro”. Come se vivesse in un altro mondo, un mondo spirituale. Completamente assorbito dal ministero, riusciva a tornare a Oviglio due volte l’anno: il lunedì dopo la Santa Pasqua e il 27 dicembre, giorno del suo compleanno. E anche in questi due giorni il suo ritmo era incalzante, tra la celebrazione della messa alle 7 in parrocchia, la recita del Santo Rosario al cimitero con sosta particolare presso le tombe dei sacerdoti ovigliesi defunti, una rapida visita ai parenti e il rientro serale in città».

Ma anche ad Alessandria i suoi ritmi erano elevati.
«Certo, anche qui, gli impegni quotidiani erano pressanti, dalle prime luci dell’alba sino a tarda sera. Celebrazione della Santa Messa alle 7 presso le Suore Immacolatine, breve pausa alle 8 nel Collegio Santa Chiara, poi l’intera mattinata in seminario quale docente e Prefetto degli Studi; pranzo a Santa Chiara alle 13; dalle 14 sino a sera, visita alle varie comunità di suore per incontri di preghiera e confessioni (il vescovo lo aveva nominato vicario moniale), salvo la recita, in cattedrale, dell’Ufficio Divino insieme agli altri canonici alle 17. Dopo la cena consumata alle 20 sempre a Santa Chiara, guida delle preghiere serali degli alunni del collegio recitate in cappella; subito dopo, sino alle 23 circa, assistenza agli studenti liceali alle prese con impegnative versioni di greco e di latino. Un ritmo di vita che non conosceva soste neppure nel periodo feriale (non si concedette mai alcun periodo di riposo): ritmo che, al momento della sua morte, suggerirà all’amico di sempre monsignor Quinto Gho questo commento: “Più che da malattia, il fisico era di fatto esaurito dalle fatiche spese senzarisparmio per anni e anni”».

Per la beatificazione di Madre Teresa Michel

Come possiamo legare monsignor Canestri e lo zio?
«È quello che più mi preme sottolineare in questo colloquio. Desidero affermare affermare con certezza che la figura di mio zio è stata fondamentale nella formazione spirituale e intellettuale del cardinale Canestri. Monsignor Ivaldi è stato una vera e propria guida spirituale, oltre che insegnante di greco e latino, che ha consentito al discepolo di superare le difficoltà del discernimento vocazionale e gli studi del liceo classico seguiti in seminario. Questo lo affermo perché abbiamo delle testimonianze proprio di Sua Eminenza che confermano chiaramente quanto detto».

Di quali testimonianze si tratta?
«Partiamo dall’omelia del 18 aprile 1997 pronunciata durante la celebrazione per l’Ottavario della Salve in Cattedrale, quando il cardinal Canestri dice: “Parlando di sacerdoti alessandrini mi dovete permettere una parola su don Ivaldi, la devo dire da questo pulpito perché ho dei doveri gravi nei confronti di questo prete alessandrino. Era il nostro insegnante di letteratura latina e greca […]. Quante cose mi ha detto con il suo esempio e poi anche con la sua parola” (V. Rivista diocesana alessandrina – Dicembre 1997)».

Un ricordo anche in occasione della dedicazione di una via, nel natio paese di Oviglio, a “Mons. Paolo Ivaldi – Arcidiacono della Cattedrale-Teologo ed Umanista”.
«Sì, era il 17 settembre 2000 e il cardinale, venuto espressamente da Roma per presiedere la cerimonia, al termine dell’omelia aggiunge: “Addio e grazie, padre e maestro di vita, monsignor Ivaldi onore di Oviglio e gloria del clero alessandrino. Tu sei riuscito a coinvolgere le nostre giovinezze tormentate e trasparenti nell’avventura fascinosa di scegliere, a vent’anni, l’amore esclusivo per Gesù e il servizio per i fratelli”».

Mentre la terza testimonianza?
«Concludiamo con l’omelia del 10 marzo 1994. Quando il cardinal Giovanni Canestri è ad Alessandria per la ricorrenza del centenario di fondazione delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, di via Savonarola 65. Il cardinale ricorda con un accenno commovente gli anni del seminario e i suoi insegnanti, ma confessa di “nutrire un vero sentimento di venerazione per don Ivaldi, per il quale, aggiunge che, se la diocesi iniziasse un processo di beatificazione verrei volentieri a testimoniare”».

Don Ivaldi e i seminaristi in visita a Oropa

In diocesi è stata mai aperta una pratica di beatificazione?
«Una pratica è stata iniziata da alcuni sacerdoti anziani nel 1997, richiamata anche dall’Osservatore Romano del 10 giugno 2007 in occasione dell’ingresso in diocesi di S. E. monsignor Giuseppe Versaldi. Ma non venne poi proseguita, penso per il rapido succedersi di tre vescovi; ma di ciò, il devoto Discepolo e l’antico Maestro avranno modo di discettare nel Regno “che solo Amore e Luce ha per confine”».

A cura di Alessandro Venticinque

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