MONSIGNOR GUIDO GALLESE
Alla tomba di San Marco per vivere un’esperienza di pace e contemplazione
Eccellenza, è pronto per questa nuova avventura?
«Sono molto contento di iniziare questo pellegrinaggio. Quando parti e ti metti in cammino hai sempre un po’ di paura, perché mettersi in cammino vuol dire mettersi in discussione. Non è mai una cosa scontata, non è mai una cosa che dipende dalla tua programmazione. Mettersi in cammino vuol dire mettersi in una situazione di precarietà, essere pellegrino, cioè essere esposto agli inconvenienti di un viaggio. Un viaggio non comodo, che non sarà un pellegrinaggio da un hotel cinque stelle all’altro: si dorme dove, e come, si può».
E allora che cos’è che l’attira così tanto?
«Mi attira l’evento spirituale di fare strada nel fiume con altre persone, la vita di comunione, la preghiera lungo il cammino. Ma anche il mistero della strada che in qualche modo ti rovista nell’anima e incredibilmente te la mette anche in ordine, e sono convinto che questo succeda anche sul fiume. C’è anche una motivazione, un’impronta, un taglio particolare. Quando uno parte per il cammino di Santiago va alla tomba di San Giacomo. Noi andiamo in pellegrinaggio alla tomba di San Marco l’evangelista. Questo nostro peregrinare ha un senso molto preciso: strada facendo vogliamo conoscere San Marco, il suo Vangelo e il suo annuncio su Gesù».
Ci racconta la figura di Marco?
«Probabilmente era un ragazzetto quando Gesù venne arrestato. Si dice infatti che Marco potesse essere il figlio del custode del Getsemani. Quindi mettiamoci dell’ottica di un ragazzino che, vedendo nella notte questo parapiglia, esce ricoperto da un lenzuolo. Marco stesso racconta l’episodio: dice che questo ragazzo esce fuori, lo afferrano e lui lascia cadere il lenzuolo e scappa via. Probabilmente Marco assiste a questa scena, in qualche modo comincia a bazzicare la comunità primitiva della Chiesa. Poi si trasferisce a Roma al seguito di Pietro per servirlo; qui prende appunti mentre Pietro predica Gesù Cristo. Poi riordina questi appunti e scrive il Vangelo secondo Marco. Pietro è la fonte di Marco. E noi ci mettiamo in cammino da San Pietro alla Basilica di San Marco, pensate. Seguendo questo percorso ideale del Vangelo, così come ci viene annunciato».
L’arrivo è alla Basilica di Venezia, un luogo significativo.
«Per questo per me è emozionante andare in pellegrinaggio alla tomba di San Marco. Questa tomba era meta di pellegrini: l’ultima volta che sono stato a Venezia ho visto che, dietro l’altare della cripta nella Basilica, ci sono dei gradini di marmo consumati proprio dai fedeli che toccavano la tomba di San Marco. Per cui c’era un movimento di pellegrinaggio e di devozione. Il nostro Cammino vuole offrire l’opportunità di percorrere questo viaggio. Lo vogliamo fare con spirito di pellegrini, con l’idea di coinvolgere altre persone in questa impresa emozionante e profonda che può cambiare dei cuori. Lo abbiamo già visto: questi cammini cambiano davvero il cuore di tante persone».
La prima parte del Cammino si svolgerà sul fiume. Che significato ha questa scelta?
«Sarà un’esperienza entusiasmante. Nella mia Lettera pastorale avevo scritto di “riappropriarsi” dei fiumi. Per noi è importante, Alessandria è stata costruita apposta su due fiumi. E se noi recuperiamo questo rapporto, possiamo cambiare la nostra visione del fiume come di uno scarico e basta. Il fiume visto da dentro ha una bellezza straordinaria e impensabile. Quando ho “pagaiato” sul fiume, ho osservato paesaggi mozzafiato davvero inimmaginabili. E dunque, durante il pellegrinaggio avremo l’opportunità di vivere un’esperienza di pace e di contemplazione, che cercheremo di raccontare anche attraverso i nostri canali social. Nella speranza che tante altre persone possano godere, dopo di noi, del Cammino di San Marco».
Alessandro Venticinque