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Premi e punizioni

LA PEDIATRA RISPONDE

I castighi fanno bene ai nostri bimbi?

Dottoressa, sono costretta a mettere in castigo spesso il mio bambino di 5 anni, ma vedo che tutto questo non serve. Ho sbagliato qualcosa?

A un bambino, nei suoi primi mesi di vita, sono dedicate molte cure e vengono assecondate tutte le sue richieste. Verso i 5 e 6 mesi fa cadere gli oggetti, e il genitore spesso dice «No». A questo punto inizia il pianto del bambino. Altre volte continua questo gioco di “lancio e raccolta”. Il piccolo successivamente vuole toccare tutto, e fino ai 2 anni e mezzo obbedisce solo occasionalmente perché sta costruendo la sua “indipendenza”. Fino ai 5 anni poi ha un profondo desiderio di regole e di obbedire ma non sempre ne è in grado. Dopo i 5 anni avviene la piena conquista dell’autocontrollo e autodisciplina, fisicamente ed emotivamente è capace di rispondere alle richieste, ma non è detto che lo farà. Quindi è evidente che punire un bambino sotto i 2 anni e mezzo è inutile e dannoso. È quindi necessario che l’ambiente sia predisposto alle sue scoperte: per esempio togliere gli oggetti fragili e sostituirli con oggetti per lui più interessanti che lo impegnino con un gioco. Se il bambino lancia degli oggetti possiamo proporre
un gioco diverso attirando l’attenzione su altre cose.

Il rispetto delle regole passa attraverso l’esempio. Un bimbo che non viene sgridato (alzando il tono della voce) e al quale non vengono dati schiaffi o “sculaccioni” è sicuramente più sereno e calmo, impara a concentrarsi ed è meno agitato. Sostituire la punizione con la spiegazione delle conseguenze è possibile per ogni tipo di comportamento sbagliato dal rompere un oggetto al picchiare gli altri bambini. Più facile per i comportamenti con conseguenze immediate: se picchi gli altri bambini, nessuno verrà più a giocare con te. Più difficile è far capire loro l’importanza di lavare i denti, in questo caso potrebbe essere utile portarlo con noi dal dentista e farlo assistere alla seduta. Se il nostro piccolo prende dei brutti voti a scuola non ha senso vietargli di andare agli allenamenti, ma sarà più opportuno sedersi accanto a lui e aiutarlo nello studio. Il dialogo e l’esempio non sono segni di debolezza ma sono un modo per aiutare a comprendere, rispettare e condividere le regole di una serena convivenza.

Per fare una domanda alla dottoressa Sabrina Camilli: redazione@lavocealessandrina.it oppure pediabimbumbam.altervista.org.

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