L’Editoriale di Andrea Antonuccio
Care lettrici, cari lettori,
avrei voluto scrivere un editoriale diverso. Ma la realtà costringe a fare i conti con ciò che non vorremmo mai vedere: la morte, nella sua apparente assurdità; il dolore di chi rimane e deve tirare la giornata fino a sera, con una creatura a cui non è facile spiegare certe avversità. Eppure a me sembra che le cose che non riusciamo a spiegare agli altri, o a noi stessi, sono quelle che ci tengono veramente desti. Pensiamo a quando è morta una persona a noi cara, alla ferita che quella mancanza ha provocato: è entrato qualcosa da quella fessura, nella nostra vita? Ognuno può rispondere per se stesso. Ognuno può dire se quella ferita è stata un chicco di grano che, morendo, ha dato frutto.
Oggi, nel pianto e nel dolore per quei tre ragazzi e per i loro familiari, intravedo una positività che si impone anche di fronte a un dramma così pesante. È il senso di “pietas” cristiana che in queste ore si respira in città: dai social ai rapporti personali, le parole sono più ponderate, i gesti più adeguati, gli sguardi più intensi. Queste morti ci costringono a vedere la realtà così come è davvero, non come la vorremmo noi. La verità della vita (e della morte) è detta nell’ultima parte della preghiera a S. Barbara, patrona dei Vigili del fuoco: «Un giorno senza rischio non è vissuto, poiché per noi credenti la morte è vita, è luce: nel terrore dei crolli, nel furore delle acque, nell’inferno dei roghi. La nostra vita è il fuoco, la nostra fede è Dio. Per Santa Barbara Martire». La morte è vita, è luce. Nel terrore dei crolli, nell’inferno dei roghi.
Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it