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Sessualità a 50 anni dall’Humanae vitae

La recensione

Il volume che raccoglie gli atti del XXVII congresso nazionale dell’Atism, curato da don Cipressa

Dal 3 al 6 luglio 2018 si è svolto presso i locali della basilica di Maria Ausiliatrice a Torino il XXVII congresso nazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio della Morale (Atism), al termine del quale venne eletto presidente il sacerdote novarese Pier Davide Guenzi. Ora gli Atti di quell’importante assise sono stati pubblicati da Cittadella Editrice con il titolo “Sessualità, differenza sessuale, generazione. A cinquant’anni da Humanae vitae”, l’enciclica di san Paolo VI che molte discussioni suscitò nel rovente ’68 e che ancora oggi provoca molto dibattito. Lo testimonia proprio il volume curato da don Salvatore Cipressa, segretario nazionale dell’Atism, il quale nell’introduzione inquadra la prospettiva generale. «L’identità sessuata fa riferimento a tutte le dimensioni della persona e all’interazione tra natura e cultura, ossia tra natura e ambiente biografico in cui la persona si sviluppa e cresce». Ripercorriamo brevemente alcuni contributi di un testo articolato e impegnativo. Il gesuita Carlo Casalone evidenzia i recenti apporti delle scienze umane, che hanno fatto capire che «la sessualità non consiste in un istinto monolitico (maschile o femminile) unidirezionale, deterministicamente orientato all’incontro di un partner dell’altro sesso nella sua totalità, che mira alla trasmissione della vita tramite l’esercizio della funzione genitale. La sessualità viene piuttosto descritta come una organizzazione complessa di pulsioni parziali». Per questo «è importante rendersi conto che possono darsi condotte certamente consapevoli, ma non per questo libere, in quanto irriducibilmente compulsive».

Lucia Vantini sottolinea il vantaggio della distinzione tra sesso e genere, che «consente di domandarsi se tutto ciò che leghiamo alla differenza tra uomini e donne è legittimo, onesto e rispettoso delle singolarità». Ma non si tratta «di un attacco alla differenza sessuale come cifra uniduale della realtà stessa, ma di una sacrosanta ribellione verso la sua declinazione essenzialista».
Don Maurizio Chiodi propone «di trovare una via che stia in mezzo tra il modello “naturalistico”, ereditato dalla tradizione teologica della morale “sessuale”, e l’arbitrio insindacabile del singolo, che è una tendenza tipica della post-modernità». Riflettendo su metodi naturali e contraccezione, il teologo bergamasco sostiene che quest’ultima è giustificata quando i primi sono impraticabili: «Ciò accade, ad esempio, quando i due coniugi o uno di loro […] non condivida tali metodi oppure quando l’irregolarità dei ritmi biologici di fecondità o lavorativi o anche questioni di salute rendano impossibile i “metodi naturali” per evitare di mettere al mondo un altro figlio, laddove questo fosse responsabilmente necessario. In tal modo, i due non scindono colpevolmente il nesso tra generazione e amore, ma accolgono responsabilmente il dono della generazione secondo le loro concrete possibilità di bene».

Don Giampaolo Dianin descrive il percorso magisteriale sulla sessualità con una metafora: dall’autostrada a quattro corsie della costituzione conciliare Gaudium et spes del 1965 alla strada a una corsia dell’enciclica Humanae vitae del 1968 per tornare nuovamente a quattro corsie con le mediazioni pastorali di alcuni episcopati nazionali dopo il documento di san Paolo VI. Monsignor Basilio Petrà sottolinea che «la legittimità morale della comunicazione sessuale è data dalla contestualità valoriale del rapporto tra le persone e non immediatamente dalla forma giuridica». Quindi «ogni qualvolta la comunicazione sessuale è forma veramente espressiva della reciproca ed intenzionale donazione d’amore di tipo coniugale (responsabile condivisione dell’esistenza) potrebbe essere considerata moralmente legittima, una legittimità che diventerebbe ancor più piena e significativa quando tale amore assumesse forma istituzionale (sacramentale) nel matrimonio». Evidentemente non tutte le tesi sopra esposte trovano plauso e convergenze in tutti gli studiosi ma rappresentano in ogni caso un qualificato stimolo all’approfondimento teologico e alla ricerca di soluzioni pastorali inclusive, come chiesto dall’esortazione apostolica Amoris laetitia.

Fabrizio Casazza

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