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«Grazie alla Provvidenza affrontiamo le povertà»

Report Caritas 2018

Intervista a Giampaolo Mortara, direttore diocesano della Caritas

Giampaolo, qual è l’aspetto che ti ha colpito di più in questo report 2018?
«Intanto vorrei premettere che dietro ai numeri ci sono volti, persone, storie. Detto questo, nel 2018 abbiamo visto una diminuzione degli accessi al centro di ascolto, ma c’è stato un aumento dei colloqui con chi chiede aiuto e ricorre ai servizi di emergenza e pronta accoglienza. Come le mense, i dormitori, i pacchi viveri o il servizio guardaroba».

Come vanno “letti” questi dati?
«Purtroppo incontriamo situazioni sempre più difficili… possiamo infatti parlare di una povertà estrema: persone che hanno sempre meno, fino a non avere più nulla. E con il tempo i bisogni aumentano».

Perdendo i beni primari si perde anche il rapporto con gli altri?
«Sì, le relazioni diventano più difficili. Probabilmente ci sono situazioni in cui la rete parentale è già disastrata, per tanti motivi. L’ultima speranza per queste persone siamo noi, rappresentiamo per loro una porta aperta. Per questo dobbiamo cercare di cambiare il nostro metodo di lavoro, per farci carico di una parte grossa di accompagnamento: non limitarci ai servizi base, ma trovare il modo per andare oltre».

Possiamo dire che è sparito il “ceto medio” dei poveri?
«Credo sia così. Il 93% delle persone che incontriamo non ha una occupazione. Si è poveri perché non si lavora, ma a volte non si lavora perché si è poveri. Una realtà complessa, che vent’anni fa non potevamo neanche immaginare».

Oltre alla miseria, è cresciuta anche la violenza, fisica o psicologica?
«Si avverte parecchia tensione, in questo periodo c’è intolleranza tra le stesse persone che si trovano in difficoltà. La famosa lotta tra poveri: è un aspetto che vediamo tutti i giorni».

Veniamo al 2019. Parliamo dell’ultima “opera segno”, l’ampliamento del locale per l’accoglienza temporanea femminile.
«Abbiamo voluto dare una risposta all’emergenza sfratti, in particolare alle donne con i bambini in situazione di difficoltà abitativa. Attualmente nei locali di Spalto Marengo vivono cinque mamme e nove bambini. Un punto di accoglienza non solo per la notte, ma per la giornata intera, dove si possono condividere spazi e strutture. In alcuni casi poi qualche famiglia è stata accolta in case popolari: lo dico per sottolineare un ottimo rapporto con le istituzioni».

 

Come fai a reggere queste situazioni?
«Fortunatamente posso dire che non sono solo, ci sono diverse persone che lavorano con me. Nel metodo di lavoro stiamo cercando di dare la priorità al fare rete, per non affrontare le situazioni da soli ma in contatto con istituzioni e associazioni».

Una domanda personale: che cosa porti a casa, del tuo lavoro?
«Porto a casa tanto, perché vedo che le cose nella vita non vanno sempre bene a tutti. C’è un altro aspetto, che può sembrare banale ma non lo è: alcune volte mi lamento di situazioni che sono ben poca cosa di fronte a certe situazioni che vedo nel quotidiano. È un’esperienza che con il tempo ti forma e ti fa diventare più forte… la definirei una palestra di vita. In questo c’entra anche la mia fede: credere nella Provvidenza aiuta a superare le mille difficoltà o a trovare soluzioni, anche quando è difficile farlo. L’importante è non caricarsi tutto sulle proprie spalle, ma condividere».

E con i tuoi figli?
«Molte volte mi accorgo che alcune delle loro richieste sono più capricci che reali necessità. In quel caso provo a raccontare il mio lavoro, quello che vedo tutti i giorni, e cerco di mostrare la vita da un altro punto di vista. E allora capiscono».

Andrea Antonuccio

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