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Sarri, luci e ombre della sua favola

La testa e la pancia di Silvio Bolloli

L’enigmatico allenatore toscano

Da tifoso e giornalista al seguito dell’Alessandria Calcio ho avuto modo di conoscere e apprezzare profondamente, dal punto di vista sportivo, Maurizio Sarri che, con un’Alessandria praticamente decapitata dal punto di vista societario (causa presidente assente), era riuscito, circa dieci anni or sono, a portarci sull’orlo della Serie B facendo sognare un’intera città dopo decenni di torpore. Da appassionato calciofilo ho quindi seguito la sua parabola di Cenerentolo della panchina che proprio da Alessandria è ricominciata e, attraverso Sorrento, Empoli, Napoli e Londra, lo ha condotto alla guida del più importante club italiano, la Juventus. Eppure, proprio in occasione della sua militanza sulla panchina del Napoli alcuni suoi atteggiamenti – preciso, squisitamente personali e non pedatori – mi hanno iniziato a destare taluna perplessità, a cominciare dagli insulti omofobi rivolti a Roberto Mancini (leggi le accuse del Ct dell’Italiahttps://bit.ly/2PaWgvX) a margine di una partita, seguitando con i numerosi piagnistei-giustificazioni qua e là accampati per motivare la costante inferiorità di classifica del Napoli rispetto alla Juventus.

Talvolta si parlava del fatturato, tal altra di un calendario ingeneroso nello scaglionamento delle partite, sta di fatto che se la Juventus vinceva era perché la sua disponibilità di cassa era decisamente superiore a quella del Napoli che, sebbene ampiamente inferiore ai Bianconeri, aveva il merito di riuscire quasi a tenerne il passo. In realtà, nella sua frenesia giustificazionistica, il pur ottimo Sarri non si rendeva conto che stava lanciando un implicito messaggio: che la sua squadra non era all’altezza della concorrenza ma ch’era lui stesso a far la differenza. Ne diede prova quando, in occasione di un dibattito televisivo, non la prese bene con Marco Tardelli il quale aveva fatto notare che la differenza tra il Napoli e la Juventus c’era stata, per esempio, nella duplice sconfitta rimediata dai partenopei contro l’Atalanta (in casa e fuori) laddove invece i Bianconeri avevano vinto. Questo particolare atteggiamento, potremmo dire quasi questa sfumatura del “sarrismo”, non è apparsa estinta neppure a Torino se pensiamo all’infelice battuta di inizio Campionato (secondo cui diverse squadre europee sarebbero superiori alla sua Juve) seguitando con la recente gaffe sulla presunta assenza di meritocrazia all’interno di “Poste Italiane”.

Le Poste replicano a Sarri con un tweet

Sarri resta un grandissimo allenatore ma con atteggiamenti quali quelli fin qui descritti corre il rischio di non essere sempre all’altezza della situazione nel gestire, anche solo da un punto di vista relazionale e comunicativo, gli eventi: e la storia insegna che ciò può arrivare a condizionare gli umori di stampa e dell’opinione pubblica e, alla fin fine, perfino le prestazioni del team. Se dunque l’uomo riuscirà l’impresa di smussare qualche spigolo, potrà trarne beneficio sotto ogni profilo della sua vita professionale.

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