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Aprite le chiese!

Aperti i centri commerciali, le palestre e i ristoranti, restano “chiusi” i musei, i teatri e le chiese

La prima emergenza sanitaria al tempo dei social Cosa succede quando ciascuno di noi può dire tutto ciò che vuole, senza averne la competenza?

Nel 2020 è tutto così (apparentemente) sotto controllo che in fondo, le emergenze ci rendono persone vive. Ci piace, a giudicare dai social network, condividere le regole per una corretta igiene, senza stare attenti a come ci si lava le mani; girare ad amici e parenti i decreti della regione senza averli prima letti; fare nostre le parole di quell’esperto alle 11 e poi di quell’altro alle 12, per poi trovare una terza ipotesi alle 13. Siamo così disabituati a scegliere, che abbiamo bisogno di qualcuno che lo faccia per noi. Questa classe politica, poi, si è formata rispondendo proprio a questi bisogni proponendo risposte “primordiali” in tempi “normali”, figurarsi in questi giorni così difficili. Il Consiglio dei ministri ha approvato il “decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6” che introduce misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-2019. Tra le misure: la chiusura di scuole, uffici pubblici e musei e la sospensione di manifestazioni, eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato per ogni tipo di motivazione, anche religiosa. Per questo motivo i vescovi del nord Italia (Leggi ancheIl messaggio del vescovo di Alessandria a sacerdoti e fedeli sulla chiusura delle chiese per il coronavirus)sono stati “costretti” a dare disposizioni in merito al corretto svolgimento delle attività, soprattutto per la celebrazione della Santa Messa e delle funzioni religiose.

Tali decisioni sono state criticate da una parte perché considerate tardive e dall’altra perché troppo restrittive e non giustificate dalla gravità della situazione. In entrambi i casi, la motivazione sembra essere l’incapacità dello stato e dei vescovi di gestire questo evento straordinario. Sta di fatto che comunque la situazione non è assolutamente sfuggita di mano. La risposta delle istituzioni e della Chiesa, così come quella degli ospedali, dei medici, degli infermieri e dei volontari è a ben vedere organizzata ed efficace. Credo si possa dire con fermezza che la situazione è sotto controllo, ci sono siti sui quali monitorare la situazione, centri diagnostici che in 6-7 ore possono dare alle aziende ospedaliere il risultato del famoso “tampone”. Ciò che non è “sotto controllo” è la nostra reazione davanti all’incertezza, elemento che in questo mondo dove tutto è apparentemente controllabile (anche la morte), trovarsi di fronte alla propria debolezza fa emergere il vuoto di una vita che non cerca un principio ed una fine, che non si interroga sul senso della vita e sul motivo per il quale vale la pena vivere e quindi morire. La crisi scaturita da questa situazione non fa emergere la semplice paura di morire, ma la paura di guardarsi indietro e non trovare nulla. Un’istintivo ed ultimo tentativo di proteggersi da questo vuoto.Dio, la bellezza e la cultura, sono gli strumenti per uscire da questa crisi. Ma dove possiamo trovarli?

A cura di Enzo Governale

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