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Nelle carceri caos e subbuglio per lo stop ai colloqui con i familiari

A San Michele violento scontro tra detenuti e agenti penitenziari

Carceri in subbuglio, scontri, incendi, guardie ferite e 12 detenuti morti. Questo è il bilancio dei giorni di “fuoco” vissuti da 27 istituti penitenziari. La causa delle proteste riguarderebbe lo stop ai colloqui per prevenire il contagio da coronavirus.

Le prime violenze sono partite a Modena, dove sono morti sette detenuti (uno di questi trasferito ad Alessandria deceduto per overdose di psicofarmaci), a Foggia si registrano 34 evasi dal carcere. Tentativi di fuga anche a Palermo, detenuti sul tetto a Milano e disordini a Rebibbia (Roma).

Anche ad Alessandria si sono verificati momenti di tensione: già nella giornata di domenica nei due istituti penitenziari, “Cantiello e Gaeta”, in piazza Don Soria, e San Michele, alcuni detenuti hanno protestato dando fuoco a lenzuola e coperte. Tutto poi è tornato alla normalità. Scontri più pesanti sono avvenuti lunedì pomeriggio, intorno alle 17.30, nel carcere di San Michele, quando alcuni detenuti hanno appiccato il fuoco e devastato due sezioni, avendo un duro scontro con gli agenti.

Rivolta dei detenuti al carcere San Vittore a causa delle nuove misure per l’emergenza coronavirus

«Queste rivolte sono un pretesto per accentuare l’affollamento delle carceri, per i detenuti la speranza è di ricevere l’indulto dallo Stato» ci racconta una guardia carceraria, che desidera rimanere anonima, sugli scontri di San Michele.

«Sono rimasti feriti due agenti con lesioni gravi, e più di otto intossicati dal fumo causato dall’incendio. Abbiamo evitato il peggio, sia per tutelare i detenuti, anche quelli che non stavano prendendo parte alla protesta, che i nostri colleghi. Si è trattato di una vera e propria aggressione da parte di un gruppo di detenuti (una ventina, ndr), con reparti detentivi quasi distrutti» prosegue l’agente.

Lo stop ai colloqui rimane: «Rimarranno in atto i provvedimenti riguardo allo stop delle visite dei familiari a tutela della popolazione detenuta. L’emergenza coronavirus tocca anche noi agenti: prima di entrare nell’istituito a tutti viene misurata la febbre, vengono usati prodotti specifici per tenere più pulito possibile l’istituto, e vengono disinfettati anche i cellulari con cui i detenuti chiamano a casa» conclude la guardia.

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Francesco Bombonato, presidente Betel

Anche Francesco Bombonato (leggi anche Un percorso di umanità all’interno delle carceri), presidente di Betel, l’associazione di volontariato penitenziario che da anni svolge servizio anche all’interno degli istituti di pena di Alessandria, ci racconta come stanno vivendo loro questo momento: «Giustamente, da una settimana abbiamo avuto un divieto di entrare in carcere per gli ovvi motivi legati al coronavirus. Ma in un momento di estrema difficoltà c’è chi soffia sul fuoco. È dura per chi è “dentro”, per gli agenti e le famiglie, preoccupate per i parenti in carcere. Ma devono sapere che non c’è rischio di contrarre il virus all’intero del carcere se si evitano contatti con l’esterno».

Betel continua comunque con le sue attività: «I volontari della nostra associazione proseguono svolgendo il servizio di guardaroba, quindi tutta la parte legata all’igiene personale agli indumenti. Rimangono bloccati i colloqui, ci terremo in linea con le direttive nazionali» aggiunge Bombonato.

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