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Nel nome del padre

Il #granellodisenape di Enzo Governale

Padre e figlio, entrambi ricoverati in terapia intensiva, soltanto il figlio ce l’ha fatta. «Sono venuti a prenderci con due medicalizzate – racconta Giovanni (41 anni) -, quella è stata l’ultima volta in cui ho visto mio padre (Antonio, 76 anni). Ho scoperto che era morto perché mi è arrivato un messaggio di condoglianze. A inizio settimana credo, non so il giorno esatto in cui mio padre ha perso la vita. Quando uscirò da qui, mi godrò ogni istante della mia vita, una giornata di sole, una passeggiata. Non avrei mai creduto che la mia vita potesse cambiare in pochi giorni. Da italiano sono arrabbiato, qui ci sono medici che lavorano ritmi insostenibili, non si fanno i tagli alla sanità»

Mettere da parte il superfluo e concentrarsi sull’essenziale

Andando a fare la spesa mi sento spesso come Benigni nel film “La vita è bella”

«Basta, non ne posso più di questo coronavirus!», è la frase che sento ogni volta che in televisione si parla di questioni legate all’emergenza. La voce di mia figlia ha più efficacia comunicativa di tutti i quotidiani messi insieme, e che tradotta suona più o meno così: «Papà, ricorda che non possiamo farci togliere la voglia di vivere la normalità ».

Credo che in questi giorni sia lo sforzo che tutti i genitori stanno vivendo: far capire la situazione senza spaventare, camminare sul filo della verità per trasformare questa emergenza in una realtà un po’ meno “reale”, ma più vivibile.

Andando a fare la spesa mi sento spesso come Benigni nel film “La vita è bella”, quando traducendo le parole del soldato tedesco, spiega al piccolo Giosuè che si tratta di un gioco, modificando così il significato di ciò che il bambino è costretto a vedere nel campo di concentramento. «Perché hanno tutti le mascherine? Perché hanno tutti la faccia triste? Perché non posso vedere i nonni?». Questo è stato il momento più difficile: quando ho dovuto dirle che per qualche giorno non avrebbe potuto vedere i nonni. Quante lacrime versate…

Ma quando ha capito che quella rinuncia era in realtà un gesto d’amore nei loro confronti e che in questo modo non avrebbero rischiato di prendersi quella brutta malattia, è arrivata un po’ di consolazione e, in parte, anche il significato della parola sacrificio. Rinunciare a qualcosa oggi, perché sia più saporito gustarlo domani. Mentre sto scrivendo, Matilde è impegnata in una video chiamata con nonni e zii, stanno facendo un piccolo lavoretto per la Festa del papà.

Eh già, perché domani (cioè giovedì 19 marzo per chi legge) è la festa del papà, un giorno che avremmo considerato straordinario fino a un paio di mesi fa, ma che oggi ci richiama alla normalità. Io per esempio me ne ero dimenticato, preso come sono dal riorganizzare il lavoro, cercare modi nuovi per raggiungere le persone, capire quando fare la spesa e trovare cosa fare con Matilde. Così, questo “little smart working” di Matilde mi riporta nella normalità, mi fa pensare al mio essere padre oggi. Mi sono reso conto che non sono mai stato “così tanto padre” come in questi giorni.

Respirare la stessa aria per tante ore, giocare, lavorare, dormire, fare i compiti, litigare, cucinare: tutto ha un sapore diverso da prima. Da una parte perché la quotidianità normalmente non è così “lunga”, è spezzata dalla scuola e dal lavoro; dall’altra invece mi fa pensare a quanto mi manca questa quotidianità, al mio desiderio di famiglia, di quelle senza interruzioni o settimane alternate. Ecco, questo momento così straordinario mi sta pian piano portando a questo: alla comprensione di cosa è realmente importante nella mia vita, a cosa mi manca, a cosa non ho e a cosa desidero avere.

Un lento, doloroso e certosino lavoro che ti spoglia del superfluo e ti porta inesorabilmente all’essenzialità. Mi sento di augurare questo a tutti i padri che oggi festeggiano questa stranissima Festa del papà, di fare come Giuseppe: mettere da parte il superfluo per concentrarsi sull’essenziale. In fondo abbiamo davanti a noi l’esempio di un uomo che ha messo da parte il suo desiderio di diventare padre, per essere padre. Buona Festa!

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