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Magna Carta Libertatum

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Lo storico e giurista Mario Caravale ripercorre i contenuti del documento

Lo scorso anno l’abbazia di sant’Andrea a Vercelli ospitò un’interessante mostra sulla Magna Carta, un cui esemplare inglese è stato eccezionalmente esposto. Ora lo storico e giurista Mario Caravale (nella foto di copertina) ripercorre la genesi e i contenuti del documento nell’omonimo “Magna Carta Libertatum” (Il Mulino, pp 128, euro 12). Questa viene comunemente considerata «come manifesto universale della subordinazione del potere pubblico all’ordinamento giuridico e dell’inviolabilità delle libertà individuali» (p. 7).

Siamo nell’Inghilterra d’inizio Duecento: i baroni pretendono che il sovrano metta per iscritto i principali usi vigenti nel mondo feudale, ponendoli così sotto la tutela della legge al di là della benevolenza del re. Per questo si può dire che essa «costituisce una sorta di trattato di pace tra il sovrano e i baroni ribelli» (p. 43). E che c’entra con questo il Piemonte? Uno dei protagonisti della vicenda fu il cardinale vercellese Guala Bicheri, che in qualità di legato pontificio fu coinvolto nella revisione del contestato testo del 1215.

In effetti esistono diverse versioni della Carta, riportate nel libro in appendice nell’originale in latino. Con essa sostanzialmente la monarchia veniva sottoposta al controllo di una commissione di baroni, che avevano diritto sia di ribellarsi in caso di palesi violazioni sia di essere coinvolti in un’assemblea speciale per procedere a imposizione di nuove tasse; quindi una serie di diritti personali viene in pratica convertita in materia di diritto pubblico.

Viene anche sancito quel principio che successivamente verrà denominato habeas corpus, secondo cui nessun uomo libero può essere arrestato, imprigionato o danneggiato senza un giudizio legale da parte di suoi pari in base alla legge vigente. Da atto giuridico la Magna Carta finì per essere considerata nel corso dei secoli «come radice dei diritti fondamentali di tutti i liberi del regno» (p. 83), quasi una bandiera delle libertà. Questo libro aiuta a ricordare quanto sia importante vivere in una libertà regolata dalla legge.

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