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Il Sepolcro vuoto

Gesù desidera risorgere nei nostri vuoti per ricolmarli di un significato più profondo

L’immagine del sepolcro vuoto di questa Pasqua esprime metaforicamente l’esperienza di ciascuno di noi: mancanza, solitudine, senso di vuoto. Il vuoto che ci fa così paura ha però anche un valore positivo, ed è quello di farci percepire con maggior chiarezza ciò che ci manca e “perché” ci manca. Proprio come nella pagina di un libro lo spazio vuoto tra una riga e l’altra – o tra una parola e l’altra – servono per la comprensione di quanto detto, così il vuoto esistente nella nostra esperienza esistenziale (ma anche di fede), ci aiuta a comprendere più profondamente ciò che ci è stato donato e che magari ora non riusciamo a cogliere.

Immaginiamo se le parole fossero scritte tutte di seguito, senza spazi e sulla stessa riga: sarebbero incomprensibili. È proprio lo spazio vuoto che rende intelligibile e comprensibile il messaggio. La “Parola si è fatta carne”, è venuta ad abitare in mezzo a noi e il sepolcro vuoto segna uno spazio, un’assenza tra un “prima” e un “dopo” perché possiamo comprendere meglio ciò che ci è stato rivelato. Ciò che seguirà “dopo” lo spazio vuoto del sepolcro, sarà una comprensione più profonda di quanto Gesù aveva detto e fatto prima. Per questo Gesù dice che lo Spirito ci guiderà alla verità tutta intera (Gv 16,13) e farà ricordare ciò che Gesù ha detto (Gv 14,26).

Tornando alle nostre esperienze umane. Oggi per esempio, sperimentiamo molti vuoti: non solo sociali ma soprattutto interiori, psicologici, affettivi, esistenziali e possiamo chiederci: come riempiamo questi vuoti? Aggiungiamo significati, cose, esperienze solo per non sentirne il vuoto, per placare il disagio, oppure lasciamo che il vuoto ci interroghi, ci provochi e ci sospinga ad una nuova ricerca?
Chiediamoci:

  • 1) come riempio i miei vuoti?
  • 2) Proviamo a identificare ciò che ci manca!
  • 3) Quando lo abbiamo identificato chiediamoci: di tutto ciò ne ho bisogno per le mie necessità oppure ne ho bisogno per potermi donare meglio?

In altre parole: ho bisogno di qualcosa per me, per appagare i miei bisogni, oppure ho bisogno di qualcosa con cui poter esprimere più amore e servizio?
La stessa cosa vale anche per la fede: il sepolcro vuoto che dice l’assenza di Gesù, ci sgomenta perché ci sentiamo “orfani” ed esposti alla morte, in una esistenza priva di senso, oppure perché senza Gesù non sapremmo amare fino a dare la vita per Lui e i fratelli? In altre parole: Gesù serve per riempire egoisticamente i miei spazi oppure perché io gli possa donare la vita e possa camminare dietro di Lui come discepolo, donandogli la vita?  Il vuoto, deve operare la verità dentro di noi.

Gesù desidera risorgere nei nostri spazi vuoti non perché siano ricolmati come prima ma con un significato più profondo: con la scoperta di qualcosa che riempie la vita di significato e di amore. In fondo è ciò che accade a Maria Maddalena: al sepolcro piange perché pensa che gli abbiano portato via il suo Gesù (Gv. 20, 11-18), ma che questo sia uno stadio ancora troppo umano lo rivela il fatto che pur vedendo Gesù risorto non lo riconosce; solo quando il Risorto la chiamerà per nome lo riconoscerà; come a dire: se non riesci ad andare oltre il sepolcro vuoto non è possibile cogliere la novità.  L’errore che spesso commettiamo, è quello di rimanere concentrati soltanto sul vuoto, su ciò che manca!

Come Maria Maddalena che piange per il sepolcro vuoto. Lo spazio vuoto fra due parole serve per collegare quella che precede con quella che le succede. Lo spazio vuoto del sepolcro serve per collegare la Parola fatta carne nella persona di Gesù, alla Parola che viene a noi nella presenza dello Spirito Santo. Lo spazio vuoto del sepolcro è utile soltanto per comprendere il nesso tra questi due eventi e, proprio come quando si legge, lo spazio serve a comprendere il significato delle parole, così il sepolcro vuoto serve a comprendere la persona di Gesù, a conoscerla, entrando in relazione con lui. Gli spazi vuoti del nostro cuore e della vita non debbono essere assolutizzati: servono a collegare – e quindi a comprendere – il flusso della vita.

Un riferimento alla Scrittura può aiutarci ulteriormente: nella Genesi leggiamo che Dio crea compiendo un’opera di separazione: la luce dalle tenebre, le acque superiori da quelle inferiori, la terra dalle acque e così via; la separazione non è altro che creare spazio. Esso ha un duplice effetto: quello di armonizzare tra loro i vari elementi, dando ordine al caos, ma soprattutto quello di “fare spazio” per l’uomo, che è la creatura più importante, il centro della creazione. È come se lo spazio vuoto fosse indispensabile perché sia collocato l’uomo, centro di tutto. I vuoti però ci fanno paura e vorremmo riempirli a tutti i costi!

Persino il silenzio ci fa paura e lo riempiamo di rumore, di musica, con la tv sempre accesa.. ma lo spazio vuoto non va riempito a tutti costi, perché ci fa perdere la giusta prospettiva delle cose: è come se la Maddalena volesse che il corpo di Gesù fosse ancora nel sepolcro per poter aver la certezza che sia lì.. ma se non si accetta il vuoto non potrà esserci nemmeno un seguito. Il vuoto è la premessa, la condizione per il proseguimento e per cogliere ciò che è importante e centrale. Se il Sepolcro non fosse vuoto, Gesù non potrebbe essere risorto: sarebbe ancora lì.

Per questo a volte preferiamo il passato: perché il futuro ci fa paura, ma ciò che prepara il futuro “è proprio nello spazio vuoto”; la nostra paura a volte non ci permette di continuare a leggere il prosieguo della storia della vita! Perciò dobbiamo posare lo sguardo nel vuoto del sepolcro per vedere l’Uomo, Colui che ci sta davanti come la pietra angolare! Come il Signore ha fatto con Maria Maddalena, così fa anche con noi: ci chiama per nome! E mentre ci chiama, sposta l’oggetto del nostro sguardo dal Sepolcro vuoto alla sua persona: al futuro!

È per questo che azzardo dire che il vuoto di questo tempo non lo dobbiamo riempire di considerazioni nostalgiche e neppure lo dobbiamo assolutizzare, piangendo, come se non ci fosse via d’uscita.
Lo dobbiamo vivere affinando lo sguardo e l’udito del cuore per poter ascoltare e vedere ciò che vi è in esso, perché questa si chiama speranza, perché questo si chiama Dio! Penso ancora che lo spazio, proprio perché diventa lo strumento che permette di comprendere il senso di ciò che stiamo leggendo, diventa in questo momento l’occasione per comprendere ciò che siamo veramente: il senso della nostra vita.

Allora lo spazio vuoto diventa anche l’occasione per riplasmare nuovamente la nostra umanità e la società con i valori della solidarietà, dell’amore, del servizio, della bellezza e della fiducia che forse abbiamo perso di vista, perché così preoccupati di riempire i vuoti, non sapendo che è proprio dall’esperienza del vuoto che queste cose emergono! E lo stiamo vedendo!

È lavoro del singolo, ma è anche il lavoro di un Paese, di un continente come l’Europa. Papa Francesco, nel giorno di Pasqua, ha invitato questo continente a non perdere l’occasione per ricominciare una storia nuova: una storia di solidarietà nuova! Chissà se riusciremo a scrivere una pagina nuova per l’umanità?

Padre Giorgio Noè

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