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Sotto lo sguardo di Maria ci siete anche voi

Intervista al nostro vescovo monsignor Guido Gallese

Eccellenza, una sensazione alla fine di questo insolito Ottavario.
«Stupore, direi… Inspiegabilmente diverse persone mi hanno detto che questo è stato l’Ottavario più bello di sempre. E questo mi ha lasciato completamente stupito. Alcuni per il fatto di abitare fuori non erano mai venuti tutte le sere ad Alessandria all’Ottavario, invece da casa l’hanno seguito molto volentieri. Altri perché sono riusciti a concentrarsi particolarmente bene. Ma soprattutto, secondo me, l’emergenza del coronavirus ha aperto molti cuori, riportandoci alla contingenza della nostra vita e ricordandoci che l’uomo è fatto per qualcosa di eterno. Un po’ come una persona che è in uno stato di torpore o di ebrezza, in cui non ha perso la coscienza, ma sicuramente non può gustare e vivere certi momenti come se fosse pienamente conscio e lucido».

E per lei?
«Allo stesso modo (sorride). Facendo vita spirituale, mi sono reso conto del fatto che siamo tutti immersi in una sorta di torpore sociale (e vi sono immerso anche io!), che ci pervade quotidianamente. E questo è il peso di una società vacua. In questo periodo invece, sento come se mi fossi ridestato. Mi vengono in mente le parole del capitolo 1 del Qoelet: “Vanità delle vanità: tutto è vanità”. Ma anche il capitolo 3 dove dice: “Egli ha fatto bella ogni cosa a suo tempo; inoltre ha posto nel loro cuore la durata dei tempi, senza però che gli uomini possano trovare la ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine”. Noi viviamo e ci affanniamo, ma perdendo il senso e le dimensioni di quello che facciamo. D’altronde, devo dire che ho capito San Giovanni Paolo II verso la fine della sua vita, quando vidi un film su di lui e presi coscienza di tutto quello che aveva passato in termini di fatiche, difficoltà, persecuzioni, clandestinità, lavoro pesante e opposizione dal regime comunista. Tutti questi problemi temprano le persone, questo è molto cristiano…».

In questo la Madonna cosa ci dice?
«Anche Lei ci ricorda bene questo concetto. La più grande Santa della Chiesa, e Madre di Dio, si è santificata vivendo le sofferenze della sua vita con un atto di offerta e questo l’ha resa grande. Se io fossi la madre di Dio mi aspetterei di ricevere un po’ di onori e di vederne dedicati a mio figlio. Mi aspetterei una sua vita trionfale e vittoriosa; invece Maria è stata la madre dello Sconfitto per eccellenza, dal punto di vista umano. Perché uno che è Dio e fa quella fine, umanamente è uno sconfitto».

Da pastore ha affidato la comunità alessandrina nelle mani della Salve. Cosa ha provato?
«Portare davanti alla piazza della cattedrale vuota la Salve, è stato per me un momento particolarmente intenso. Anche segnato dalla bellezza di quella “lama” di sole, che entrava dal portone della cattedrale, nella quale ci siamo immersi uscendo (nella foto di copertina). Come se Dio dicesse: “Sono qui per tutti voi, siete nella mia luce”. Mi ha colpito in questi giorni pregare inginocchiato ai piedi della Madonna della Salve… mai sono stato così tanto tempo davanti a Lei, in preghiera e silenzio, come in questo Ottavario. Di solito non sono quasi mai davanti alla statua (sorride). Ho potuto guardare quel volto segnato dal dolore, ma nello stesso tempo dall’atteggiamento interiormente composto, con un occhio appena socchiuso che guardava verso chi la stava pregando come per dire: “In questa offerta ci siete anche voi”. Questo vorrei dire agli alessandrini: “Sotto lo sguardo di Maria che soffre e offre, ci siete anche voi”».

In questi mesi abbiamo “sperimentato” la liturgia da casa…
«Vivere la liturgia da casa è una supplenza: la Messa in sé è insostituibile, con la sua partecipazione fisica. Tuttavia, l’assenza delle Celebrazioni eucaristiche con il popolo ci ha aiutato a mettere a fuoco alcune cose essenziali della funzione, che davamo per scontate e non lo erano».

Per esempio?
«Il fatto che la Messa non avvenga fuori di te, ma avvenga prima di tutto dentro te, perché tu sei il tempio di Dio. Ed è lo Spirito in te che rende grazie al Padre. Dio ci chiede un culto in spirito e verità, il vero tempio è il nostro cuore. Ci siamo dimenticati del perché la chiamiamo Eucarestia, che in greco appunto è “ringraziamento”, e forse anche del perché rendiamo grazie. Nonché la dimensione profetica, sacerdotale e regale del nostro sacerdozio battesimale, essenziale per vivere l’Eucarestia. Proprio questo tema è l’oggetto delle mie pillole antivirus di questi giorni».

Si è discusso tanto, e si sta discutendo, sulla possibile riapertura delle Messe ai fedeli. Crede che questo possa avvicinare ancora più persone alle Celebrazioni?
«Spero che ci sia una maggiore coscienza: c’erano persone distanti che si sono fatte vicine. Questo grazie anche all’anonimato di poter seguire le celebrazioni senza essere visti (sorride). Ricordo che avevo un fedele molto partecipe alla vita parrocchiale, il cui fratello era ateo e completamente sul versante opposto. Chiamai il fratello per dei lavori in casa e poi portai sua figlia al nostro campo estivo. Così, dopo un po’ di tempo, cominciò a comparire durante la Messa, girando per la chiesa a guardare le opere d’arte. Suo fratello, il mio parrocchiano, lo cacciò via, perché secondo lui disturbava la celebrazione. Io sgridai il mio parrocchiano, infatti avevo capito che suo fratello era lì perché voleva sentire cosa stessimo dicendo, ma senza prendersi l’impegno di partecipare alla Messa. Tante persone si sono avvicinate alla Chiesa in questi momenti. E non vi dico quante persone, anche distanti dal mondo della Chiesa, che tutti i giorni ascoltano la Messa del Papa a Santa Marta! Quello che tengo a sottolineare è che sicuramente non è stato un tempo vano: è stato un tempo di profonda evangelizzazione. Un tempo che ci ha un po’ scossi dal torpore a cui eravamo abituati».

Alessandro Venticinque

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