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La Riviera, dopo il lockdown

“Il punto di vista” di Adriana Verardi Savorelli

Terra di Romagna: 18 giugno 2020. Giornata bellissima, voglia di fare una lunga passeggiata al mare di Porto Corsini fino al molo. Chilometri 5 o poco più fra andata e ritorno. Scarpe comode, abbigliamento estivo, grande fazzoletto colorato per riparare la gola da eventuale venticello, occhiali da sole, cellulare per scattare foto. Il parcheggio delle auto è quasi pieno. Persone con cappelli di paglia in testa; ombrelloni, piccole sdraio, borse da mare ricolme portate pazientemente da braccia maschili.

In genere sono i mariti e i padri che prestano questi servizi perché i figli piccoli sono affidati all’attenzione delle mamme che devono frenare le loro corse verso la spiaggia. Giugno è il mese ideale per vivere l’esperienza marina, soprattutto per le famiglie. Dopo il periodo del lockdown, a causa della pandemia da coronavirus, c’è un gran respiro di libertà. Gente chiusa per più tempo in casa vuole tornare a vivere nel mondo e in un giorno feriale non sorprende la buona affluenza. Guardo e sorrido, ancora guardo e ammiro…

Il mare appare più blu ed è limpido. Normale vita da spiaggia con bambini che giocano, uomini e donne che chiacchierano, ridono e sono senza mascherine, solo qualcuno le porta. Alcuni giovani sono impegnati nell’attività del surf che, tra cadute in acqua e riprese in piedi, regala divertimento assicurato. Cammino e il faro che sta alla fine del percorso, mi pare lontanissimo… Mi avvicino a un “padellone” (così si chiama in Romagna) dove chi è dentro manovra con aggeggio elettrico la calata di una grande rete in acqua per catturare i pesci e poi risale con qualche vittima che guizza disperatamente. I gabbiani fanno a gara per cercare di agguantare le prede, ma spesso restano senza il prelibato pasto. I pescatori, in mezzo agli scogli, lanciano l’amo e aspettano…

Qualche fortunato prende e getta nei secchi da portare a casa con soddisfazione. Belle ragazze in costume da bagno, sonnacchiose sugli scogli e su asciugamani multicolori, si deliziano al calore dei raggi solari, signorine o signore di una certa età godono del piacere di abbronzarsi. Coppie di uomini e donne vicini, ma nessun assembramento in giro. Qualche ciclista pedala tranquillo. Dovunque acqua intorno, a destra, a sinistra e laggiù dove c’è il faro finisce la strada e oltre c’è l’immensità azzurra. Barche e grandi navi da carico solcano il mare, all’orizzonte sfrecciano motoscafi.

Qualche foto, un paio di selfie, poi mi fermo a guardare e a leggere… Una lapide in memoria di un giovane con due vasi di fiori ai lati… «Terzo Sirotti 5- 12- 1966. In questi scogli, nell’impari lotta per strappare al mare in tempesta i naufraghi di una nave, immolava la sua giovane esistenza. I tuoi amici in ricordo». Il pensare si ferma davanti al sacrificio di una vita! Passato e presente. Gente che va, gente che viene. Nel ritorno l’ultimo sguardo è per il mare tutto luccicante e per il cielo azzurro con qualche bianca nuvola. Occhi per guardare, orecchie per sentire, cuore per gioire! È come tornare a una nuova vita, dopo la triste esperienza passata, che spero sia migliore per tutti.

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