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Un uomo buono che non viveva di regole

L’Editoriale di Andrea Antonuccio

Care lettrici, cari lettori,

questo numero di Voce è molto “salesiano”. Dall’intervista con don Leonardo Mancini (nuovo Ispettore del Piemonte, Valle d’Aosta e Lituania) alle pagine della Chiesa locale, passando dal paginone centrale, vi raccontiamo don Bosco e il suo carisma, provando a coglierne gli aspetti “convenienti” per l’uomo e la donna di oggi.

Io non sono salesiano, ma ho sempre avuto molta stima per il Santo di Castelnuovo d’Asti. Gli voglio bene perché è stato un educatore potente e innovativo. Non ha preteso di cambiare la società del suo tempo, cercando di imporre la propria “visione” delle cose contro quella del mondo. Non si è lamentato, come invece facciamo noi di fronte alle storture della nostra epoca. La sua passione era la salvezza dei giovani, e non una salvezza generica, ma “la” Salvezza vera, quella che viene da Cristo.

Da don Bosco mi sembra di poter ricavare, tra i tanti, un insegnamento fondamentale: non sarà una società perfetta, ammesso che sia fattibile, a salvarci (cioè a liberarci dai nostri limiti, a renderci felici sul serio, a dare senso e spessore alle nostre giornate); ma il nostro cuore innamorato di Cristo, che lì dove siamo trasforma la vita, arrivando a rispondere ai bisogni (nostri e degli altri) con un amore e un’intelligenza più veri.

Questo ha fatto don Bosco: ha amato l’altro con l’amore di Cristo. La società perfetta è un sogno crudele, capace di portare solo ingiustizia, miseria e terrore (come il Novecento, campo di battaglia delle più sanguinarie utopie della Storia, ci ha tristemente insegnato). Gli uomini, scriveva il poeta T. S. Eliot nei suoi Cori da “La Rocca”, sognano «sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’essere buono». Che don Bosco, Santo buono (ma buono davvero), ci aiuti a non cadere nella trappola di sostituire Cristo con un sistema di regole. Fossero anche cattoliche.

Andrea Antonuccio
direttore@lavocealessandrina.it

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