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Insegnava loro come uno che ha autorità

Commento al Vangelo

Dal Vangelo secondo Marco

Commento al Vangelo di domenica 31 gennaio 2021
 IV Domenica del Tempo Ordinario

«L’osservazione principale che fanno gli ascoltatori di Gesù nella sinagoga di Cafarnao è che Cristo parla con autorità, non come gli scribi. Questo paragone, tra la sua autorevolezza e la mancanza di autorevolezza degli scribi la dice lunga circa la formalità con cui veniva commentata la parola di Dio al tempo di Gesù. Un altro episodio in cui si sottolinea questa autorevolezza di Cristo si verifica nella sinagoga di Nazaret, dove il Signore, commentando Isaia, attribuisce a sé la profezia sul Messia: “Oggi si è compiuta davanti a voi questa profezia”.

La domanda che sorge spontanea è: da dove deriva tutta questa autorevolezza in Gesù, nella sua predicazione? Certamente deriva dall’accompagnamento dei gesti clamorosi che Cristo fa, in parallelo con la sua predicazione. In questo caso scaccia addirittura un demonio, quindi suffraga l’autorevolezza della sua parola con dei segni prodigiosi. L’autorevolezza della predicazione di Gesù deriva anche dalla sua cognizione di causa del contenuto di quello che dice: lui è il Logos del Padre, è il Figlio, e quindi addirittura dice, a proposito dello Spirito Santo, che prenderà del suo e lo annuncerà: quindi lui è il depositario della rivelazione del padre e questa autorevolezza la fa vedere proprio nel muoversi a suo agio fra le profezie, nel commentarle.

Da ultimo, il motivo principale a cui Cristo lega la sua autorevolezza è che il suo messaggio è pertinente alla condizione umana, al bisogno profondo dell’uomo. Tutto il Vangelo, tutta la predicazione di Cristo interpella il cuore dell’uomo e risponde ai suoi bisogni profondi: da qui la sua autorevolezza. Di converso questa autorevolezza esige da parte nostra un ascolto attento e operativo. Lo commenta Gesù stesso: “Beati quelli che ascoltano la mia parola e la mettono in pratica”. Addirittura Cristo, con coloro che ascoltano la sua parola, la tengono in considerazione e la mettono in pratica, stabilisce un legame affettivo: “Costoro sono per me fratello, sorella e madre”. Da questo punto di vista l’esempio più clamoroso di ascolto “operativo” della parola di Dio e di riconoscimento dell’autorevolezza della fonte è Maria: la Madonna si abbandona totalmente all’esecuzione di questa parola di Dio (“avvenga di me secondo la tua parola”).

E noi? Mi rivolgo ai miei confratelli sacerdoti, perché è una domanda che rivolgo soprattutto a me. Noi siamo preti autorevoli? Non dico come Cristo, perché è impossibile, ma noi siamo preti autorevoli quando predichiamo, quando confessiamo, quando compiamo direzione spirituale, colloqui o catechesi? La nostra persona, e quindi il nostro messaggio, è autorevole, ovvero è incisivo nella vita delle persone?

E mi rivolgo ai fedeli: noi siamo attenti e disponibili ad ascoltare questa parola, che è autorevole perché parola di Dio, non tanto per la simpatia del prete che la dice? La teniamo in considerazione, distinguendola qualitativamente da altri messaggi come quello del maître à penser della nostra rivista preferita? Siamo a nostra volta preti e laici autorevoli nella società, nel nostro ambiente? Siamo gente che se c’è o non c’è si capisce la differenza, oppure siamo persone senza odore, colore e sapore? La nostra autorevolezza la radichiamo in quella di Cristo? Facciamoci queste domande, perché ci fanno crescere».

don Giuseppe Biasiolo
parroco di Bosco Marengo e Frugarolo

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