Home / Senza categoria / L’8 marzo per ripensare la relazione

L’8 marzo per ripensare la relazione

Centro italiano femminile

Il tema che il Centro Italiano Femminile Nazionale ha comunicato e sul quale siamo invitate a riflettere, in questo periodo, in prossimità della Giornata della Donna, per il secondo anno vissuta in maniera insolita, distanziata, in modalità online, ha un titolo impegnativo: “Ripensare la relazione: uguaglianza, differenza, alleanza“. Ripensare… A qualcosa su cui si è già riflettuto e che va ripreso nel pensiero, facendone ancora oggetto di riflessione.

Non c’è dubbio che la differenza tra maschile e femminile, con il suo carico simbolico e concreto, rimanda all’esigenza di ritessere la difficile trama delle relazioni umane sia quelle della dimora familiare sia quelle della fitta rete degli interscambi sociali. In questo caso ci piace oltrepassare la vischiosità, l’opacità di tante parole care ad un certo femminismo – talvolta aggregato a fonti ideologiche – dove i temi dell’uguaglianza e della differenza tra i sessi sono stati spesso utilizzati per dire l’impossibilità del nome, dell’identità, della specifica fisionomia antropologica. Il femminile da contrapporre al maschile.

Nel primo capitolo di Genesi, troviamo il primo paradigma antropologico della differenza con l’apparizione della famosa costola, interpretata da molti come segnale dell’apparente sotto-creazione della donna. Non va pensato che è la donna ad essere secondaria, piuttosto che il rapporto basato sulla differenza dei sessi deve essere subordinato a ciò che sta prima, alla relazione appunto, al rapporto interpersonale che fonda e giustifica la differenza. Non è quindi la differenza che permette di costruire la relazione, è la relazione che costruisce e anima la differenza che, comunque, si impone tra uomo e donna, in nome della loro diversità sessuale. Dio crea “in principio” la nostra comune umanità che invoca potenzialità razionale, dialogo attivo, gratuità immediata, ed è in nome di questa comune umanità – giustificata dalla ineludibile presenza dell’altro, a precedere la polarità uomo-donna. È dunque dall’inizio (da Genesi) che l’antropologia duale riceve il suo sigillo.

Papa Wojtyla fu l’unico intellettuale in ambito maschile che nel Novecento affrontò una rigorosa ermeneutica del femminile, antropologicamente fondata. Nella Lettera apostolica Mulieris dignitatem al punto 22, sostiene: «La Bibbia ci convince del fatto che non si può avere una adeguata ermeneutica dell’uomo, ossia di ciò che è “umano” senza un adeguato ricorso a ciò che è “femminile”». Il pensiero di San Giovanni Paolo II offre ancora oggi motivi di approfondimento sulle identità di genere dentro le ragioni del coabitare in una realtà multipla, costituita cioè da femmine e maschi; la direzione del suo pensiero va alla relazione per cui l’identità di ciascuno di definisce sul piano della reciprocità.

Da qui l’alleanza (reciprocità) che tocca e investe ogni essere umano, esposta al gioco faticoso, ed insieme esaltante delle relazioni umane, è definita dalla comune volontà di riconoscersi per quello che si è: identità differenti. Quegli elementi costitutivi della femminilità, che le scienze umane hanno considerato come specifici tratti della donna, quali la sensibilità, generosità, il prevalere della sfera emotiva su quella razionale, il noto “genio femminile” (Mulieris dignitatem) non possono condurre a due etiche diverse: la maschile volta al dominio e al potere; la femminile orientata alle pratiche di cura. Arriveremmo a posizioni opposte e conflittuali, reintroducendo gli antichi steccati segnati dalla disuguaglianza. Allora auguriamoci che anche le riflessioni di questo tempo – nel rispetto delle specificità di genere – concorrano a migliorare la qualità del vivere etico, patrimonio di tutti.

Rosa Mazzarello Fenu

Leggi anche:

Check Also

L’intervista al Papa sulla guerra in Ucraina: “Il coraggio di negoziare”

«È più forte quello che vede la situazione e pensa al popolo. Il negoziato non …

%d