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La celebrazione dell’8 marzo è stata davvero una festa?

Centro italiano femminile

La celebrazione dell’8 marzo si è risolta in un rito cui nessuno si è potuto sottrarre. Eppure, mai come quest’anno, la data era carica di ulteriori significati… Gli auguri dei vertici istituzionali si sono mescolati ai commenti dei media, ostinatamente fermi alla definizione “festa della donna”. Per le tematiche sul tavolo della nostra vita, per i tempi difficili che stiamo vivendo non era proprio il caso – per molti – di continuare a definire questa Giornata una festa…persino le mimose hanno occultato il loro colore!

Come donne aderenti al Centro italiano femminile ci sentiamo di evidenziare alcuni aspetti importanti e disattesi legati alla presenza della donna nella nostra società, provando a riassumere:

  • la questione democratica della parità di genere è sintomo di una incompiutezza del nostro sistema;
  • il lavoro delle donne è stato ulteriormente penalizzato con la conseguenza negativa di incentivare l’uscita dal mondo del lavoro da cui consegue il ritorno alla concezione della famiglia come luogo della privatezza e dell’isolamento;
  • la scelta formativa delle donne, in controtendenza con quanto previsto dal Recovery Fund fino ad ora ha privilegiato le discipline umanistiche in previsione di un’occupazione nel mondo della scuola che meglio garantisce la conciliazione con i doveri familiari rispetto alle nuove tendenze del mercato del lavoro;
  • la sicurezza dell’ambiente, tematica squisitamente femminile in quanto custodi della vita, in questo periodo è esponenziale di altre fragilità.

Ma al di là di queste tematiche sempre presenti nel nostro dibattito, oggi vogliamo porre in primo piano la questione della violenza di cui il corpo della donna è fatto oggetto. Diciamo “corpo” perché sempre più frequentemente, esso diventa bersaglio dell’odio, della frustrazione, delle difficoltà più diverse da parte dell’uomo-maschio che, ancora e grazie alla forza fisica, intende stabilire la propria supremazia.

Per questo, il Cif, su tutto il territorio nazionale, ha promosso la campagna “Perché mi uccidi?” finalizzata a sensibilizzare l’opinione pubblica, le forze sociali e istituzionali affinché si attivino politiche e azioni capaci di contrastare il fenomeno crescente e diffuso della brutalità omicida che vorrebbe frenare il cammino di parità e uguaglianza. La campagna, individuata dalla Presidenza nazionale Cif e rivolta al Governo, prevede la raccolta di 5000 firme, alla quale si potrà aderire firmando e facendo firmare su www.change.org/perchèmiuccidi.

L’iniziativa è accompagnata dallo slogan “quando uccidi una donna uccidi anche me”, che rimanda agli effetti moltiplicatori e generali di un singolo gesto, e sottolinea il desiderio di applicare al male il principio della negazione di ogni possibilità di cambiamento.

Rosa Mazzarello Fenu

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