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I Frati non chiudono

Diocesi e Cappuccini in dialogo per il futuro del convento alessandrino

La notizia ve la diamo noi, in anteprima: la Diocesi di Alessandria e i Frati Minori Cappuccini hanno iniziato nella mattinata di mercoledì 14 aprile una serie di incontri allo scopo di dare continuità all’azione dei frati attraverso una presenza della Diocesi che possa continuare l’opera da loro iniziata. È il primo passo di un delicato passaggio di consegne, che vuole essere nel segno della collaborazione. Perché il bene che i Cappuccini hanno dispensato in questi anni nella nostra città prosegua, con rinnovato vigore e una forte attenzione ai segni dei tempi. Ci siamo fatti raccontare questo inizio di cammino dal nostro vescovo, monsignor Guido Gallese, e da fra Roberto Rossi Raccagni, Ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini del Piemonte.

Gallese: «Questa mattina (mercoledì 14 aprile, ndr) ci siamo incontrati per parlare della destinazione dell’immobile dei frati di via San Francesco, a seguito della loro decisione di lasciare la città e di chiudere la casa religiosa. La notizia è che abbiamo manifestato un comune interesse a dare continuità alla loro presenza: per questo ci faremo carico dei locali, con un impegno pastorale. Prima di tutto nei confronti dei poveri, verso i quali proseguirà l’opera svolta attraverso la mensa, un’opera che con grande amore i frati hanno mantenuto per tanti anni. E poi assicureremo una continuità di presenza pastorale, perché ci sembra bello che in questo luogo le persone che hanno un bisogno spirituale possano essere accolte e vivere una vita spirituale e pastorale. C’è anche un importante aspetto culturale: io spero che Gelindo vada avanti!».

Fra Roberto, in lei prevale soddisfazione o c’è anche un po’ di tristezza?

Raccagni: «In questo momento diciamo tristezza, perché andiamo via dopo un lungo periodo: siamo presenti nella città di Alessandria dal 1530, da quando è iniziata la Riforma della famiglia francescana cappuccina. C’è la tristezza di lasciare un luogo dove, soprattutto negli ultimi 100 anni, i frati hanno portato avanti una grossa attività pastorale. Penso, in particolare, all’associazione San Francesco, a Gelindo e alla carità, che ha sempre caratterizzato la nostra vita e che in questi ultimi anni si è particolarmente sviluppata».

E la soddisfazione?

R:«Non parlerei di soddisfazione, ma di uno sguardo verso il futuro. Questo per noi è un momento difficile dal punto di vista vocazionale, che ci ha costretto a una “revisione” della nostra presenza. Per questo chiuderemo, a malincuore, il convento di Alessandria e terremo aperto quello di Tortona, che è la Casa del Noviziato».

C’è chi ha scritto che finirete in Inghilterra…

R: «Ma no, non è che finiamo in Inghilterra (sorride). I frati che sono qui verranno ridistribuiti sul territorio. Dico sempre che ogni spostamento lo facciamo guardando al futuro. Coloro che entrano adesso nell’Ordine devono pensare a come saremo tra 10, 20 o 30 anni. L’Ordine non è una realtà piccola e legata a un territorio, ma abbraccia tutta la Chiesa e, nelle preoccupazioni del nostro Ministro generale, deve includere anche l’Europa. C’è uno sguardo all’Inghilterra, così come alla Spagna, alla Francia o all’Olanda…».

Monsignor Gallese, lei conferma che la mensa e Gelindo proseguiranno?

G: «L’intenzione è quella di continuare, la mensa va assolutamente mantenuta. Ne avremo due: quella di mezzogiorno, in via delle Orfanelle alla Caritas, e quella della sera, nel convento dei Cappuccini. Sono certo che il Signore ci indicherà come servire i poveri nel modo migliore. Per quanto riguarda Gelindo, credo sia un valore per la nostra comunità. Io non ne ho perso uno da quando sono arrivato. Vorrei anche far crescere una presenza dal punto di vista pastorale, celebrativo, delle confessioni e delle attività per i ragazzi. Insomma, i frati non chiudono. Questo è il messaggio che vogliamo dare».

Sui giornali abbiamo letto di nuovi progetti su questo immobile. Provando a sognare un po’, lei che cosa vede?

G: «Non lo so, adesso i sogni sono ancora sogni. Prima bisogna fare in modo che finiscano almeno su un pezzo di carta, e poi si tradurranno in realtà. Dal punto di vista giuridico e burocratico, i tempi sono lunghi e richiedono un certo impegno. Un’idea potrebbe essere quella di far abitare lì i seminaristi e i sacerdoti che fanno servizio nel centro storico. È un’ipotesi ancora tutta da verificare, perché poi bisogna mettersi lì e fare i conti per bene. Ma è chiaro che per mandare avanti la mensa è necessario che ci sia una comunità: non è una questione organizzativa, è una questione di anima. A me la cosa che preoccupa di più non è come dar da mangiare alla gente, gli aspetti logistici. No, assolutamente no… il punto è come sostituire la presenza dei frati che si prendevano cura delle persone. È veramente l’aspetto più oneroso, quello della vera carità, del rapporto umano. Chi si prenderà cura delle persone? Queste sono le grandi domande, quindi è tutto ancora da mettere a fuoco. Adesso abbiamo un cammino davanti, e strada facendo le cose si chiariranno».

Fra Roberto, voi frati cappuccini che cosa lasciate in eredità alla diocesi e alla città?

R: «Lasciamo in eredità la nostra attenzione pastorale, con le confessioni e l’ascolto delle persone. Lasciamo la nostra presenza di questi ultimi 100 anni nell’associazione San Francesco, con le sue attività verso i giovani e con la tradizione di Gelindo. Siamo sicuri, nel dialogo che abbiamo avuto con monsignor vescovo e negli accordi che abbiamo preso, che questo è nel suo cuore. Di ciò lo ringraziamo, siamo davvero grati alla Diocesi di questa opportunità che è anche per Alessandria. Una città a cui diciamo grazie: grazie per il bene che ci avete voluto in questi anni».

Andrea Antonuccio

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