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«Maria ci mette nella “postura” corretta per accogliere la vita»

Speciale Madonna della Salve 2021

Giulia Cavicchi (classe 1986) e Tommaso Lodi (classe 1980) sono una coppia di sposi, blogger e speaker della diocesi di Bologna. Giulia è psicoterapeuta e Tommaso è ingegnere, ma è anche appassionato di teologia tanto che si è da poco laureato in Scienze religiose. La loro avventura con la teologia del corpo è iniziata nel 2010 a Roma, mentre frequentavano il Master in Fertilità e sessualità coniugale presso il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia. Per raccontare quello che hanno appreso in anni di studi ed esperienze, hanno creato il blog teologiadelcorpo.it e recentemente hanno anche pubblicato il loro primo libro, “Il Cielo nel tuo corpo“, Edizioni Tau.

Giulia e Tommaso: a un certo punto avete pensato di dedicarvi a qualcosa di cui non si sente parlare tanto spesso, almeno nei nostri ambiti, cioè di teologia del corpo. Avete anche scritto un libro su questo argomento… Ma come vi è venuto in mente?

Tommaso: «Tutto deriva da un incontro che abbiamo fatto nella nostra vita, quello con Giovanni Paolo II. Ecco, può sembrare strano associare la parola “teologia” alla parola “corpo”, ma dal momento che l’ha fatto un Papa siamo abbastanza tranquilli… (sorride). Di fatto se la teologia è lo studio di come Dio si rivela nella storia dell’uomo, la teologia del corpo è la riflessione su come Dio si rivela attraverso il corpo dell’uomo e della donna».

E la parte femminile della famiglia cosa può aggiungere in merito a questo?

Giulia: «Effettivamente ci siamo arrivati un po’ per caso… prima spinti dal nostro interesse sui temi dell’affettività, è vero. Ma poi ci siamo iscritti a un Master a Roma all’istituto Giovanni Paolo II, dove abbiamo incontrato effettivamente la teologia del corpo senza sapere prima che esistesse. È stato veramente un incontro inaspettato e sorprendente perché è davvero un tesoro non conosciuto, purtroppo».

Come possiamo definire la “teologia del corpo”, allora?

Tommaso: «Di fatto possiamo dire che è una riflessione antropologica che parte dalla rivelazione biblica, e si propone di rivelare il significato del nostro esistere come maschi e come femmine: chi sono io, qual è la mia identità, il mio destino, che senso hanno il mio corpo e la mia sessualità, come posso vivere una vita in pienezza… Ecco, tutte queste domande, come ci ha rivelato Giovanni Paolo II, sono racchiuse nel disegno che Dio ha sull’essere umano, sull’uomo e sulla donna redenti da Cristo».

Quali sono le domande più “scabrose” che vi hanno rivolto su questo tema?

Giulia: «La parola sessualità magari può far pensare a domande un po’ maliziose… Ma in realtà non ci sono state fatte domande di questo tipo: la gente ha una gran voglia di parlare di sessualità in maniera libera, autentica e profonda, perché di sessualità si parla tanto nella nostra cultura, ma se ne parla in maniera fondamentalmente superficiale e quindi è un po’ come se la gente avesse questa attesa di bellezza, di pienezza, di felicità. Poi però quando si scontra con la sua vita magari non è così, e quindi ha veramente tante domande: domande profonde, con tanto ascolto, con tanta voglia di cercare».

Insomma, il rapporto col proprio corpo trattato non come un pettegolezzo, ma come qualcosa di grande. In che modo la Madonna entra nella vostra affettività?

Tommaso: «Maria è una presenza importante per la nostra vita, anche se dobbiamo dire che è una presenza abbastanza recente perché è strettamente legata alla scoperta della teologia del corpo. Prima, per noi, ragazzi cresciuti in parrocchia all’ombra del campanile, Maria non era una figura così affascinante. Diciamo che era un po’ una statua di plastica azzurra con le mani giunte davanti alla quale dicevamo il Rosario nel mese di maggio. Invece l’incontro con Giovanni Paolo II e con la teologia del corpo ci ha rivelato una Maria veramente vicina a noi come madre della fede. Maria ci insegna cosa significa credere: cioè credere in fondo è veramente accogliere nella propria vita il Verbo di Dio, la Parola di Dio, il mistero di Dio. Credere è lasciarsi fecondare dallo Spirito Santo. Ecco, è quello che un po’ contempliamo nella preghiera dell’Angelus, che è diventata una nostra compagna di viaggio. Ogni giorno ci permette di metterci nella “postura” corretta per accogliere il dono della vita e della giornata che inizia».

Studiando la teologia del corpo, come è cambiato il vostro rapporto affettivo?

Giulia: «Sicuramente le domande che ci pone la gente ce le siamo poste noi per primi… la teologia del corpo ha cambiato il nostro approccio, e soprattutto ha risposto a tante domande. Devo dire che noi, ragazzi cresciuti in parrocchia, su questo tema non avevamo incontrato delle risposte che sentivamo vere per noi, per la nostra esperienza; ma avevamo incontrato un certo lassismo, come se su questi temi la Chiesa non avesse più niente da dire, oppure un moralismo un po’ rigido, delle risposte molto razionali che però non ci convincevano fino in fondo. La teologia del corpo ci ha fatto vedere quel filo rosso che lega la sessualità, il corpo e Dio, e quindi sicuramente ha reso anche la nostra fede, oltre che la nostra vita, più incarnata. Cioè ci ha fatto riscoprire il corpo, nella nostra fede e nella nostra vita, come un luogo fondamentale di relazione e di amore».

Andrea Antonuccio

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