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«Qualcun Altro è lo scudo di cui ho davvero bisogno»

Terrasanta senza pace

«Scusami, c’è stato un blackout… qui a volte succede». Comincia così la nostra intervista a Daniela Massara (nella foto), 36 anni, originaria di Abbiategrasso (in provincia di Milano) una laurea magistrale in Archeologia e «il desiderio di approfondire le mie radici cristiane e la mia fede, ereditate dalla mia famiglia». Daniela oggi vive a Gerusalemme, nel quartiere cristiano della città vecchia, vicino alla Custodia, ed è la curatrice delle collezioni archeologiche del Terra Sancta Museum. Situato nel cuore della città vecchia, il museo preserva e valorizza il tesoro custodito dai Francescani della Custodia di Terra Santa per 800 anni. Le abbiamo chiesto come sta vivendo questi “venti di guerra” in Israele.

Daniela, che clima si respira dalle tue parti?

«Beh, direi che é un clima molto strano, perché la città è deserta e moltissimi negozi sono chiusi. Questi sono anche giorni di festa: venerdì e sabato (14 e 15 maggio, ndr) c’è stata la festa dopo il Ramadan, terminato mercoledì scorso. Invece domenica sera e lunedì (16 e 17 maggio, ndr) era la festa ebraica del Shavu’òt. Per l’occasione, tanti miei amici ebrei sono andati con le famiglie in gita e mi hanno raccontato di una vita normale, almeno in apparenza…».

A te non sembra così “normale”?

«Io continuo a fare la vita che facevo prima, anche se le notizie degli scontri mi ricordano sempre che intorno a me c’è un conflitto in corso. Per dire: sabato sera sono andata a trovare degli amici che abitano su una collina fuori Gerusalemme. Ci siamo affacciati sul terrazzo da cui potevamo vedere tutta la città: il Monte degli Ulivi, la Spianata delle Moschee e anche la linea di luci dei monti della Giordania. A un certo punto abbiamo visto una palla enorme, gialla, che cadeva dal cielo. Abbiamo pensato che fosse un fuoco d’artificio… poi però, vedendo altre immagini in tv e su internet, abbiamo capito che era un razzo intercettato e in caduta».

Veniamo al Museo. Siete riusciti a riaprire?

«Sì, da poche settimane, dopo la stabilizzazione della pandemia. Seguendo le direttive israeliane, anche noi come gli altri musei abbiamo riaperto, anche se solo parzialmente, essendoci pochi visitatori, persone che fanno turismo locale, mentre mancano i pellegrini stranieri. Lo scoppio di questo conflitto ci ha costretto a chiudere qualche giorno, anche perché i primi scontri tra la polizia israeliana e gli arabi musulmani sono avvenuti proprio sulla Spianata. I frati che vivono nel convento della Flagellazione, che si trova alla prima stazione della Via Dolorosa, quella notte non hanno dormito».

Tu come ti senti, adesso? Hai paura?

«Mah… ci sto pensando, tutti me lo chiedono (sorride). Finora ho sempre risposto che sono tranquilla. In questi giorni però cerco di capire che cosa mi rende davvero tranquilla: se mi basta una sicurezza fisica, c’è lo scudo antimissile, l’esercito israeliano è tra i migliori del mondo. Ma questo non mi basta: al mattino ho bisogno che qualcuno mi salvi, non dai missili, ma dal nulla che si insinua nella mia giornata, in me. Qualcun Altro è lo scudo di cui ho davvero bisogno».

Andrea Antonuccio

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