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Il grido delle donne di Kabul

“Il mondo a 13 anni” di Sara Piscopello

Kabul dal 16 agosto 2021 è nuovamente sotto il dominio dei Talebani. Per le donne afghane tutte le conquiste fatte negli ultimi decenni, sono svanite in un secondo; ora le donne sono sotto di nuovo sotto il potere degli uomini. Immagini orribili sono state trasmesse in tv.

Una giornalista che trasmetteva in diretta le notizie, in poche ore, è passata da indossare abiti normali a portare un burqa. Alcune donne sono state prelevate dalle loro abitazioni e portate nelle basi militari dove sono diventate bottino di guerra e date come prostitute ai soldati Talebani. Le bambine e le ragazze non potranno più andare a scuola, vivere come persone in una società civile. Sembrano cose irreali, lontane dalle nostre vite, quasi da non renderci conto che ora, in questo preciso momento, le donne afghane sono sprofondate nel buio di un futuro che non sarà più il loro.

Pensare che le ragazze della mia stessa età, dall’altra parte del mondo, non potranno più studiare, lavorare, fare carriera, che dovranno sposarsi il prima possibile come tradizione vuole, e vivere la loro vita con un uomo sconosciuto dieci, venti, trent’anni più grandi di loro mi sconvolge, ma dall’altro lato mi fa apprezzare ancora di più il valore della esistenza che vivo quotidianamente Ho da poco letto “Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini, che narra vicende di quasi cinquant’anni fa, quando ancora le donne non avevano assaporato un periodo di libertà e di diritti, e che oggi sono tornate attuali. Storia di due ragazze apparentemente ignare l’una dell’esistenza dell’altra, che però sposeranno lo stesso uomo.

Il primo un matrimonio combinato, il secondo per riuscire a scappare dalla guerra e riuscire a sopravvivere. La situazione nelle ultime pagine diventa disastrosa, ospedali che non fanno entrare le donne, soldati talebani che massacrano le donne. Leggendo questo libro rabbia e tristezza hanno invaso la mia persona. Terminato la lettura mi sono soffermata a riflettere e ho pensato che per fortuna erano pagine di storia quasi dimenticate e ormai superate. A poche ore di distanza però, un destino beffardo mi ha richiamato a una triste realtà. Ora per le donne le speranze di un futuro migliore sono nuovamente poche e incerte; quello che sino a giorni fa era nero su bianco e scorreva nella mia mente, ora passa inesorabile sullo schermo della tv davanti ai miei occhi. Mi definisco femminista non perché penso che le donne siano superiori, ma perché spero in una parità di sessi per tutti i Paesi del mondo.

Vedere quelle scene mi ha fatto sentire fragile e impotente: sono scene di una realtà non troppo distante da noi, sono donne e ragazze che sperano in una vita piena di possibilità future come la nostra. Non dobbiamo essere egoisti. Questa è la circostanza che deve creare in noi uno stato di pura empatia verso tutte le donne uccise, picchiate, violentate solo perché chiedono dei giusti diritti. Apriamo gli occhi e il cuore per poter vedere con lucidità quello che sta accadendo vicino a noi, se credete in qualsiasi Dio, pregate per loro.

Non posso negare, che il solo pensiero di queste ragazze che non hanno più il diritto a studiare, mi sconvolge: forse hanno paura che le donne, con la loro cultura, possano ribellarsi, tenere nell’oscurità e nella non conoscenza da forza di diritto di vita e di morte. Qualunque sia la risposta, quello che sta succedendo non deve passare per nulla inosservato. Da oggi, ogni giorno, quando mi fermerò a pensare, immaginerò una moltitudine di donne, di tutte le età, raccolte insieme in un unico abbraccio che urlano all’unisono: «Libertà».

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