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Errori arbitrali o interpretazione?

“La testa e la pancia” di Silvio Bolloli

Mentre i Grigi escono sconfitti da Monza – pur non aggravando la propria posizione di classifica, visti i risultati delle formazioni che li seguono – e mostrano comunque un discreto carattere, vorrei approfondire un argomento che ero molto tentato di trattare già la settimana scorsa ma che era risultato perdente rispetto alle più importanti tematiche grigionere e, in quel caso, alla necessità di riabilitare la figura e le scelte dell’allenatore Moreno Longo dopo alcune decisioni discutibili.

Il tema è quello degli allenatori, non tutti ma alcuni, di Serie A, da un paio di settimane a questa parte finiti al centro dell’attenzione per talune, plateali, contestazioni rispetto alle decisioni assunte dai direttori di gara da bordo campo: il pensiero, è ovvio, corre al mister capitolino Mourinho (nella foto) ma non solo a lui perché, alla nona giornata (circa una settimana fa), anche i provvedimenti disciplinari assunti nei confronti di Gasperini, Spalletti e Inzaghi (giusto per fare altri esempi), avevano suscitato dibattito.

È difficile etichettare, o ancor meglio generalizzare, certe prese di posizioni, talvolta, peraltro, legittime, talaltra di indubbia buona fede, e, magari, perfino dettate dalla necessità di mascherare le reali lacune della propria squadra trovando comodi capri espiatori. Ciò che questi allenatori, tuttavia, ignorano (o fanno finta di ignorare) è che in un mondo mediatico come quello attuale le loro plateali prese di posizione potrebbero qualche volta accendere le piazze più bollenti o le frange più oltranziste della tifoseria.

Questo già di per sé, non è una buona cosa ma vi è dell’altro poiché il mancato rispetto delle decisioni dell’autorità costituita in campo – quella, per l’appunto, del direttore di gara – magari dopo che taluni propri giocatori, con atteggiamenti forzati o simulatori, hanno contribuito a creare confusione ed a mettere in difficoltà lo stesso fischietto, non è edificante né educativo. Chi siede in panchina dovrebbe spesso essere il primo a farsi un esame di coscienza: non chi arbitra una partita.

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