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Quando la Pasqua è a misura di bimbo

Giulia Cornacchione, educatrice ed esperta di arte

«Dopo che abbiamo spiegato ai bambini che Gesù è morto in croce, anche servendoci dell’aiuto di un’immagine del fotografo Adrian Paci, un mio alunno di 4 anni si è avvicinato e mi ha chiesto: “Giulia, ma adesso… cosa succede?”. Io gli ho risposto che avremmo dovuto aspettare la prossima tappa, il lunedì dopo, per sapere che cosa sarebbe accaduto a Cristo. Lui mi ha risposto pensieroso: “Io spero proprio che ce la fa”. Questo mi ha fatto capire che il nostro percorso di avvicinamento alla Pasqua è riuscito. Per i piccoli non si è trattato di ascoltare una storia accaduta in un tempo molto lontano: si sono sentiti testimoni di un evento». Giulia Cornacchione (nella foto qui sotto) è un’educatrice ed esperta di arte che lavora alla scuola dell’infanzia “La Zolla” di Milano: l’abbiamo già intervistata sulle pagine di Voce a proposito della Quaresima spiegata ai piccoli. Oggi parliamo con lei di come affrontare la Pasqua e tutto quello che si porta dietro questa festa liturgica, tra cui il concetto di morte e resurrezione, cercando di far percepire ai bambini la portata di questo fatto che riguarda anche loro.

Giulia, come si può parlare della morte di Gesù con i più piccoli?

«Noi ci siamo fatti aiutare dalla Bibbia e dall’arte. Abbiamo portato i bimbi nel nostro salone e don Andrea, il prete che ci aiuta a vivere al meglio con i bambini questi momenti forti dell’anno, ha letto assieme a loro i passi del Vangelo relativi alla morte. Abbiamo poi mostrato un’opera del fotografo Adrian Paci che ricostruisce la crocifissione, spiegando proprio che Cristo ha gli occhi chiusi non perché dorme ma perché è proprio morto, senza giri di parole. Abbiamo poi messo a confronto la sua foto con un altorilievo, sempre a tema crocifissione di Andrea Jori, che mostra come sotto la croce sono rimasti Maria e Giovanni. Abbiamo spiegato loro che ciascuno dei due artisti ha voluto sottolineare una cosa diversa: Paci la solitudine e Jori la speranza che dà chi è rimasto nonostante tutto. Don Andrea ci ha lasciati con questa parola: rimanere».

La volta scorsa ci spiegavi che voi cercate sempre di fare un parallelo tra quello che accade nel Vangelo e la vita quotidiana dei bambini: come avete fatto con questo tema così drammatico?

«Abbiamo detto loro che di fronte a un dolore grandissimo, che fa fare fatica anche a noi adulti, si può provare a non scappare ma a restare con chi soffre. Non abbiamo nascosto la fatica immensa di una mamma che vede suo figlio morire in croce, li abbiamo però invitati a tenere sempre presente quel bene che ci ha consegnato Cristo, che tiene in piedi tutto».

Che aiuto può venire dall’arte, anche in questo caso?

«Abbiamo osservato assieme a loro le due pietà di Michelangelo: quella Vaticana e la pietà Rondanini. In quella Vaticana ho fatto notare ai bambini che il volto di Maria è triste ma non disperato: sa che Gesù è stato ucciso perché voleva così bene a tutti, anche a Giuda che lo ha tradito, anche ai soldati che l’hanno portato sulla croce, anche a Pilato che lo ha condannato. Quel bene che lui ci ha consegnato, vince su tutto. La parola pietà sta proprio a significare: “Io mi prendo cura di te fino alla fine, anche di te che sei morto e non senti che io ti abbraccio, perché tu mi interessi”. Non si può rimanere indifferenti di fronte al dolore di chi ti è vicino».

E la pietà Rondanini che cosa può dire a un bambino di 4 anni?

«Anzitutto questa Pietà si trova a Milano (nella foto di copertina) e noi andremo a vederla con i nostri alunni dal vivo. In questa scultura non finita (è l’ultimo lavoro di Michelangelo), Maria è in piedi, a differenza della statua Vaticana che è seduta. Nella pietà Rondanini, Gesù è proprio morto mentre qui la sua posizione eretta sembra già volerci portare verso l’uscita dal sepolcro, verso la resurrezione. Le due figure paiono quasi sostenersi a vicenda, in un abbraccio tra madre e figlio, quasi come se volessero preannunciare quello che accadrà dopo. In tutti i personaggi che abbiamo incontrato nelle tappe precedenti della via Crucis (come Simone di Cirene o la Veronica) abbiamo sempre insistito su uno “scambio”. Il Cireneo ha aiutato Gesù, la Veronica gli asciuga il volto ma per entrambi quello con il figlio di Dio è stato un incontro che ha cambiato per sempre le loro vite. Anche in questa Pietà, Maria sostiene il corpo del figlio morto ma è come se fosse tenuta in piedi dalle spalle di lui».

La Croce fiorita

Giulia ci racconta quale lavoro artistico ha fatto fare ai bambini in preparazione alla Pasqua. Per parlare di resurrezione, costruire con le proprie mani un oggetto artistico può essere un grande aiuto per i bambini nella comprensione del mistero pasquale.

«Quest’anno abbiamo deciso di far loro costruire una croce “fiorita”» ci ha spiegato Giulia Cornacchione. «La croce è il simbolo che ci ha accompagnati per tutto questo nostro percorso di avvicinamento alla Pasqua: don Andrea ci ha spiegato che se noi chiedessimo a Cristo quanto bene ci vuole, lui con le sue braccia distese sulla croce è come se ci dicesse: “Tanto così!”». Perché i fiori? «Sulla croce, fatta di creta, i bimbi hanno incastonato dei piccoli fiorellini. Li facciamo fiorire proprio ora che è primavera, una stagione in cui tutto rinasce: da secco e spoglio l’ambiente naturale si riempie di colori e profumi. Noi abbiamo spiegato ai bambini che i fiori che noi abbiamo messo sulla croce rappresentano la rinascita, la resurrezione di Gesù. Accanto a questo piccolo dono, consegneremo anche ai genitori dei nostri alunni un sacchettino con dei semi di lino dentro accompagnati da un biglietto: “Seminami con cura, mi vedrai fiorire”».

Zelia Pastore

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