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The Economy of Francesco. Anche in libreria

“La recensione” di Fabrizio Casazza

Sabato scorso il Santo Padre si è recato ad Assisi in occasione dell’evento “Economy of Francesco”, incontrando i giovani impegnati nell’omonimo progetto alla ricerca di un nuovo modello di economia.

The Economy of Francesco non a caso è anche il titolo del volume appena pubblicato da Città Nuova (pp 355, euro 20) a cura di Stefano Rozzoni e Plinio Limata. Il libro contiene, come recita il sottotitolo, un glossario per riparare il linguaggio dell’economia. Il verbo non è scelto a caso ma si riallaccia alla missione del santo d’Assisi di riparare, appunto, la chiesa in rovina.
Ora si tratta di ricostruire l’economia secondo un nuovo ordine, fondato sull’esperienza dell’economia civile. In effetti Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, nell’introduzione spiega che è necessario passare da una globalizzazione senza regole a una globalizzazione responsabile, in cui siano forti il senso di fraternità e il principio di reciprocità. Questo è l’orizzonte che collega come ispirazione ideale e aspirazione operativa i contributi dei trentaquattro giovani autori.

Nel testo appena presentato viene ringraziato esplicitamente Luigino Bruni, definito «una guida per la sua realizzazione», essendo tra l’altro direttore scientifico proprio dell’evento The Economy of Francesco. Non risulta quindi improprio l’accostamento al suo volume, appena edito anch’esso da Città Nuova, denominato La comunità fragile (pp 115, euro 15), che raccoglie gli editoriali pubblicati l’anno scorso dall’autore sul quotidiano Avvenire.

Il punto centrale è che «la Chiesa nasce comunità, e non sarebbe nata senza comunità» (p. 6), mentre «il cristianesimo che piace oggi è quello degli individui senza legami, che magari seguono le messe e i rosari online, che non si legano a niente e a nessuno» (p. 9). Invece «da questa stagione difficile si uscirà con più comunità, con comunità che imparano dai propri errori e che poi hanno il coraggio di guardare ancora una volta avanti» (p. 10).

Sarebbe tuttavia un errore trasformarsi in una setta o in un club ristretto perché le «comunità scoprono il proprio carisma incontrando la gente lungo le strade, soprattutto nelle strade al di là dei confini» (p. 46). Invece a volte «per paura di ascoltare le storie sbagliate e tradire le radici, non ascoltiamo nessuno e tradiamo il futuro» (p. 47). Il futuro: proprio questo dev’essere il traguardo. «Il passato sa dire parole di vita solo se coniugato, ora, al futuro. La terra promessa è la terra di domani» (p. 78). Vale la pena allora di mettersi in cammino con speranza, anche con l’ispirazione di questi due libri.

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