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Giornata dei poveri: «Il Papa ha ragione, non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera»

Il Papa ha ragione: non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera

«Senza Cristo la Caritas diventerebbe un ammasso di beni da distribuire» Domenica 13 novembre si celebra la sesta Giornata mondiale dei poveri, accompagnata dal messaggio del Santo Padre (che potete leggere cliccando qui). Abbiamo chiesto a Giampaolo Mortara, direttore della Caritas diocesana, che cosa significa per lui guardare il povero e aiutarlo.

Giampaolo, c’è un aspetto che ti colpisce del messaggio di papa Francesco?
«Sicuramente un richiamo ad allargare lo sguardo. Un’attenzione rivolta non solo a quello che abbiamo attorno, al nostro contesto, ma anche a quello che avviene nei luoghi lontani, dall’altra parte del mondo o dell’Europa. Un richiamo forte, che ci porta a riflettere, è il tema della guerra: ma non solo l’Ucraina, anche il resto del pianeta e tutti i conflitti dimenticati. In questi anni abbiamo capito che quello che oggi sembra lontano da noi, in poco tempo ci chiama in causa lo stesso».

Il messaggio ha come titolo: “Gesù Cristo si è fatto povero per voi”. Tu quando ti senti povero?
«Sperimento la mia povertà nella fatica quotidiana che provo svolgendo il mio servizio in Caritas. Di fronte alle tante cose che faccio, a volte mi sento incapace. E non mi sento a posto con me stesso solo perché do da mangiare a diverse persone tutti i giorni, che, certo, senza Caritas non potrebbero farlo. Ma la mia povertà sta nel non riuscire a trovare una soluzione diversa di fronte a quello che ho davanti».

In un passaggio del messaggio del Pontefice si legge: «Non è l’attivismo che salva».
«Mi riconosco in questo, e vedo la mia povertà. Non raccontiamocela: in fondo siamo tutti degli attivisti, per i quali è importante soprattutto tenere la mensa aperta e dar da mangiare».

Viene in mente l’episodio evangelico di Marta e Maria: noi spesso “tifiamo” per Marta, che in fondo qualcosa faceva. Non per Maria che stava con il Signore.
«Sì, è vero facciamo il “tifo” per Marta, ma Cristo ha ribaltato la situazione, dicendo che è Lui il vero motivo di tutto».

Ecco… ma la Caritas reggerebbe anche senza Cristo?
«Senza Cristo diventerebbe un ammasso di beni materiali da distribuire. Invece, qui il bene è lo strumento per aiutare in modo diverso. Con Cristo cambia lo sguardo con cui lo facciamo… Uno non si sente colui che dall’alto distribuisce. Ma, anzi, come dicevamo, ci si scopre poveri».

E lo scoprirti povero ti fa vivere meglio?
«Mi fa calare nella realtà, nel contesto. Mi fa vivere meglio, sì. E mi dice che la mia vita non è fatta di successi. Tante volte mi sono trovato di fronte a un muro di gomma, o a ostacoli difficili da superare. Li ho superati: non per merito mio, ma perché c’è sempre Qualcuno che agisce».

Entriamo nel personale. Guardare il povero cambia lo sguardo verso i tuoi figli?
«Sì, mi cambia lo sguardo. Anche se con i miei figli sono più duro (sorride)».

E i poveri li guardi come i tuoi figli?
«Non tutte le volte, ma capita. Succede spesso nelle persone più lontane o con chi è più disperato, con chi magari il giorno prima, perché ha bevuto, ti sputa addosso. Mentre il giorno dopo sono lì ad ascoltarlo. Faccio un esempio…».

Certo.
«C’è una persona particolare che seguiamo da tempo, ne combina di tutti i colori. Alcuni volontari in Caritas mi accusano: “Tu non ti arrabbi mai con lui”. È vero, perché in lui riconosco qualcos’altro: conosco la sua situazione, il suo percorso, il suo vissuto, perché me lo ha raccontato o l’ho intuito. E dietro a tutto questo, non l’ho visto subito, ma c’è lo sguardo di Gesù».

Torniamo alla Caritas: come vivrete la giornata di domenica 13?
«Faremo un pranzo con le persone che vengono quotidianamente qui. E con i nostri volontari staremo con loro e dedicheremo qualche ora in più. Un modo semplice per stare con i più poveri che ogni giorno ci chiedono aiuto».

Leggi anche il messaggio di papa Francesco

Alessandro Venticinque
(ha collaborato Andrea Antonuccio)

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