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La forza del passato

La testa e la pancia di Silvio Bolloli

Come ho avuto modo di rimarcare dinanzi alle telecamere di Telecity in occasione della trasmissione sportiva del Lunedì, il calcio è fatto di uomini, non di macchine, e l’aspetto psicologico è qualche cosa che mai può, né deve, essere sottovalutata.
Così, nella prestazione vittoriosa dell’Alessandria in una delle partite più importanti non solo della stagione, ma dell’intera sua storia, quella di Montevarchi contro il San Donato Tavarnelle, ho trovato qualche cosa di mistico (non voglio apparire irriverente), quasi di trascendente nella determinazione profusa dai giocatori, soprattutto dopo essersi trovati in inferiorità numerica a seguito dell’espulsione di Cori.
I Grigi, con alle spalle centoundici anni di storia a tratti anche decisamente gloriosa, caratterizzata da alcune tra le figure più carismatiche del calcio italiano (Giovanni Ferrari e Gianni Rivera su tutti), hanno obiettivamente avuto qualche cosa in più rispetto ai diretti concorrenti che, per contro, erano alla prima stagione professionistica della loro parabola.
Non so quanti giocatori alessandrini avessero sentito parlare del mitico Giuanen del quinquennio juventino, piuttosto che del Golden Boy o di Balonceri ed altri ancora, ma mi piace pensare che costoro avessero in qualche modo giocato assieme a loro e, al loro fianco, avessero impresso quel quid pluris che ha consentito all’Alessandria di fare un grande passo in avanti verso il salvataggio di una delle stagioni più difficili di tutta la sua storia.

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