Devozione mariana
“Il 13 maggio apparve Maria, ai tre pastorelli a Cova da Iria”: proprio così inizia un noto canto mariano e quel “13 maggio” è il giorno in cui nel 1917 la Vergine Maria apparve a Francesco e Giacinta Marto e a Lucia Dos Santos presso Fatima. Scrivere di Fatima, di questa apparizione, del senso del messaggio che la Madonna ha voluto trasmettere è obiettivo sempre e comunque arduo: sia per la complessità del tema, sia per la vastità, profondità ed esemplarità esperienziale di ciò che da allora scaturisce da quel luogo e da quella dimensione spirituale, sia per il rischio di farsi prendere da atteggiamenti di mera curiosità rispetto ai famosi “segreti” senza provare a cogliere, al contrario, il vero cuore del messaggio e la sua straordinarietà fondata sulla “semplicità” e “attualità” dell’invito della Madre di Gesù.
Ecco, vorrei provare a far risuonare in queste brevi (e povere) righe proprio questi due elementi – semplicità e attualità – quale mio contributo alla riflessione in occasione del 104° anniversario della prima apparizione, rimandando per gli approfondimenti anche alla lettura dell’interessante sezione “conoscere” del sito internet del Santuario di Fatima (www.fatima.pt/it). Partiamo dalla semplicità: seguendo quanto esplicita (e riassume) il Martirologio Romano la «Beata Maria Vergine di Fatima in Portogallo, […] sempre sollecita per le difficoltà degli uomini, richiama […] alla preghiera per i peccatori e all’intima conversione dei cuori». L’invito alla preghiera è una costante delle apparizioni mariane, ma qui il messaggio rivolto dalla “Signora tutta vestita di bianco, più splendente del sole” ai tre pastorelli è duplice: pregare col Santo Rosario e riparare i peccati del mondo perché “fanno soffrire” il cuore di Gesù e di Maria.
La Madonna sul tema della “riparazione” è davvero molto chiara e diretta: «Volete offrirvi a Dio per sopportare tutte le sofferenze che Egli vorrà mandarvi, in atto di riparazione per i peccati con cui Egli è offeso, e di supplica per la conversione dei peccatori?». E, dal commento che ne fa suor Lucia nelle sue Memorie (pp. 169-170-IV Memoria), la risposta è altrettanto chiara: «[La Signora] aprì per la prima volta le mani, comunicandoci una luce così intensa, una specie di riflesso che da esse usciva e ci penetrava nel petto e nel più intimo dell’anima, facendoci vedere noi stessi in Dio, che era quella luce, più chiaramente di come ci vediamo nel migliore degli specchi.
Allora, per un impulso intimo pure comunicatoci, cademmo in ginocchio, e ripetevamo col cuore: “Santissima Trinità, io Vi adoro. Mio Dio, mio Dio, io Vi amo nel Santissimo Sacramento”. Passati i primi momenti, la Madonna aggiunse: “Recitate il rosario tutti i giorni per ottenere la pace nel mondo e la fine della guerra”». Mi rendo conto che parlare nel 2021 di “riparazione” sia faticoso e per alcuni possa risultare tema un po’ fuori moda. Tuttavia, vale la pena ricordare che la “spiritualità riparatrice” grazie anche alle apparizioni di Fatima ha avuto un intenso rafforzamento.
Nel 1928, ad esempio, Papa Pio XI dedicava all’argomento l’enciclica “Miserentissimus Redemptor” e con l’enciclica del 1932 dello stesso Papa “Caritate Christi Compulsi” e le indicazioni successive del Magistero ne veniva fornito un preciso statuto con una visione globale, tuttora valida, del mistero cristiano in quanto, tenendo conto di tutte le varie dimensioni del peccato (che è insieme offesa fatta a Dio, ingiuria all’amore di Cristo, ferita inferta al Corpo mistico, disordine introdotto nel mondo…) aiuta anche a scoprire e a comprendere tutte le potenzialità e dimensioni dell’amore riparatore (che è insieme espiazione del peccato, restaurazione della vita divina, ritorno della creatura all’amore del Creatore ed esercizio altissimo del carattere profetico, sacerdotale e regale di ogni battezzato).
Seguendo queste indicazioni e questo invito della Madonna di Fatima siamo dunque chiamati non già a cercare la sofferenza fine a se stessa, ma ad accettare con amore, nella quotidianità, il sacrificio, le contraddizioni, le offese, le umiliazioni a cui si è esposti, i disagi (pandemici e non solo) della nostra vita dandone un senso e offrendo la nostra fedeltà, umiltà, mitezza e “resistenza” fiduciosa al Signore, sotto lo sguardo amoroso della nostra Madre del Cielo, e considerando dunque la “riparazione” non tanto come un’imposizione ma piuttosto come un atto di amore libero di chi vuole rallegrare Colui che ama e dal quale si sente infintamente amato.
Passando al secondo elemento su cui ruota questa riflessione – quello dell’attualità del messaggio – lo stesso papa emerito Benedetto XVI ha precisato come «sbagliano quelli che pensano che il messaggio di Fatima sia già esaurito, è ancora una vera profezia per il cammino del pellegrinaggio della Chiesa nel mondo». E in questa profezia di cammino vorrei sottolineare le parole di enorme conforto pronunciate proprio dalla Vergine e riportate nelle Memorie di Suor Lucia (pp. 171-172 – IV Memoria) a proposito della seconda apparizione, quando si apprende della imminente salita al Cielo di Giacinta e Francesco: «li porto fra poco, ma tu resti qui ancora per qualche tempo. Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato».
La Vergine Maria conforta la piccola Lucia – ma è come se perennemente, ancora oggi si rivolgesse a ciascuno di noi – dicendo: «Non ti scoraggiare. Io non ti lascerò mai. Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e il cammino che ti condurrà fino a Dio». Abbiamo tutti bisogno di non sentirci lasciati soli e il messaggio (ben più che semplicemente consolatorio) della Madonna di Fatima che più mi colpisce è proprio in queste parole: a noi – con semplicità, purezza e vera devozione – farci guidare e accompagnare da Lei verso il Paradiso.
Guido Astori
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