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Storia della chiesa – Le visite pastorali nella Chiesa.

Una delle immagini più diffuse, nella storia della Chiesa, è quella di San Carlo Borromeo a dorso di mulo che passa di parrocchia in parrocchia per compiere il dovere regolamentato dal Concilio di Trento, quello di visitare periodicamente la propria diocesi e farsi vedere dai parrocchiani, i quali avrebbero avuto da tale visione un vero e proprio salto qualitativo della loro fede. Abbiamo testimonianze di visite pastorali fatte dai responsabili delle circoscrizioni ecclesiastiche fin dai primi secoli della storia della Chiesa in occasione di problemi sorti in un determinato territorio, ma soprattutto per verificare che tutto fosse fatto con la dovuta preoccupazione per la salvezza delle anime.
Il Concilio di Trento avrebbe poi emanato dei regolamenti per i vescovi, e fra questi vi era la cura pastorale del proprio territorio. A tale fine, molti vescovi avrebbero pubblicato in seguito una serie di domande, alle quali i parroci dovevano rispondere, in modo che il vescovo, considerato quasi come un ispettore di polizia, quando visitava un determinato territorio avesse già di questo l’immagine data dal parroco. Le domande erano tutte di carattere liturgico, o quasi: quante chiese erano officiate, quale era il loro stato, quante suppellettili erano conservate, ecc. Alcuni vescovi, col passare del tempo, ponevano anche altre domande: quanti erano i non praticanti (e qui bisognava fare una certa tara: se erano troppi, il parroco faceva brutta figura), quali giornali (siamo qui in epoca molto recente) buoni o cattivi entravano nella parrocchia. Ma quel taglio di tipo inquisitoriale ha in epoca recente lasciato il posto, soprattutto nelle diocesi di non grande estensione, a un diverso rapporto tra vescovo e preti. Il vescovo non è più uno sconosciuto, conosce bene anche il nome dei preti. La visita pastorale ha quindi assunto un carattere del tutto diverso. È il “pastore” che va a verificare lo stato delle “pecore”, per poi decidere quali provvedimenti prendere per il bene della sua diocesi. Si diceva di Sant’Antonio abate che tutti lo amavano molto: chi come un figlio, chi come un fratello, chi come un padre. Questo dovrebbe essere lo spirito con cui si accoglie il vescovo che viene a visitare la parrocchia o la zona: tutto il resto può essere utile, ma lascia il tempo che trova.

Maurilio Guasco

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