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Quaresima 2018: Non di solo pane vive l’uomo…

Mercoledì 14 febbraio le comunità cristiane hanno iniziato la quaresima con il rito penitenziale del Mercoledì delle ceneri. Con l’avvio di questo tempo il pensiero torna anche a quei gesti di penitenza della tradizione che sono la preghiera, il digiuno e l’elemosina.  La nostra fede, a differenza di altre religioni (come l’ebraismo o l’islam), non ha particolari restrizioni alimentari e non classifica i diversi cibi in leciti e proibiti, ricordando le parole del Signore, secondo cui niente è profano, se non le azioni cattive che provengono dal cuore malvagio: «Ciò che esce dall’uomo, questo sì contamina l’uomo» (Mc 7,20). Tuttavia anche i cristiani conoscono giorni durante i quali il fedele è invitato ad osservare alcune norme alimentari, secondo uno spirito però di penitenza. Interventi specifici di Paolo VI (Paenitemini del 1966) e della Conferenza episcopale italiana (Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza del 1994) danno il senso di un digiuno praticato nel nostro tempo, in termini positivi e radicato in Dio: «Digiunare per Dio, non per se stessi», scrive Paolo VI; «Digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona», sottolineano i vescovi italiani. L’astinenza deve essere osservata in tutti i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo); in tutti gli altri venerdì dell’anno si deve osservare l’astinenza oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità. Il digiuno e l’astinenza devono invece essere osservati il Mercoledì delle ceneri e il Venerdì Santo. Che cosa differenza il digiuno dall’astinenza? La pratica del digiuno, più rigorosa e limitata a soli due giorni all’anno, impegna a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera. Al digiuno sono tenuti tutti dai 18 anni fino ai 60. La pratica dell’astinenza, invece, esclude semplicemente l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi. All’astinenza si è tenuti a partire dai 14 anni. Qual è il senso di queste norme, che, non sufficientemente motivate, rischiano di restare soltanto aridi precetti? Occorre soprattutto ricordare quanto già detto all’inizio, cioè che il digiuno e l’astinenza sono congiunti alla preghiera e all’elemosina: nella comunione con Dio e nell’apertura ai fratelli. Nelle opere penitenziali l’uomo è coinvolto non soltanto con il suo spirito, con la preghiera, ma anche con il suo corpo, con l’impegno concreto della vita: si converte a Dio e lo supplica per il perdono dei peccati; non disprezza il corpo ma rinvigorisce lo spirito; non si chiude in sé stesso e cerca di vivere la solidarietà che lo lega agli altri fratelli. Già il profeta Isaia ricordava al popolo d’Israele: «Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo?» (Is 58,6-7). Inoltre, nel digiuno e nell’astinenza la Chiesa vive l’invito di Gesù ai discepoli ad abbandonarsi alla provvidenza di Dio, senza ansia per le cose che passano: «La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito. Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l’animo in ansia. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12,23.29.31).

Stefano Tessaglia

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