L’EDITORIALE DI ANDREA ANTONUCCIO
Care lettrici, cari lettori, come riporta il grande Platone, a un giovane che lo interrogava sul tema “viaggi e vacanze” Socrate rispose con queste parole (siamo intorno al 400 a. C.): «Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con l’individuo dal quale volevi fuggire». Mi sembra geniale. Se ci pensiamo bene, molti di noi attendono le ferie con enormi aspettative: «Non vedo l’ora di partire…». Anch’io ogni volta penso che mi libereranno dalla fatica, dallo stress o da chissà che cosa. Ma è proprio così? Guardando con onestà l’esperienza di questi anni, qualche dubbio mi viene. Le vacanze “belle”, quelle che ricordo con gratitudine, non sono dipese dalla destinazione più o meno esotica, dal lusso o dal riposo. Sono state “belle” perché sono state significative: per un incontro inatteso, per degli amici veri o perché il tempo non passava inutilmente. La vacanza può davvero “salvarci” solo se non dimentica ciò di cui siamo fatti: una domanda inesauribile di felicità, l’attesa di una liberazione, in primis dai nostri limiti. La vacanza è un pellegrinaggio, proprio come quello che stanno facendo i nostri amici del Cammino di San Marco. Anche noi, come loro, andiamo incontro al Destino. Accettandone, anzi abbracciandone, l’imprevedibilità. «E ora, che ne sarà del mio viaggio? Troppo accuratamente l’ho studiato senza saperne nulla. Un imprevisto è la sola speranza. Ma mi dicono che è una stoltezza dirselo» (Prima del viaggio, Eugenio Montale). Per chi ha sperimentato l’Imprevisto, invece, dirselo non è più una stoltezza. Buone vacanze!
Andrea Antonuccio
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