Caritas
Suor Ligi Vecchio, 51 anni, è indiana ma vive in Italia da quasi 27 anni. Oggi si trova alla casa di riposo “Madre Teresa Michel” di Quargnento e lunedì 25 aprile, insieme a diverse consorelle e volontari del suo paese, ha svolto il servizio alla mensa della Caritas diocesana, in via delle Orfanelle 25 ad Alessandria. «Abbiamo chiesto di metterci al servizio, per ripercorrere i passi della nostra madre fondatrice» comincia a raccontarci suor Ligi.
Suor Ligi, come è nata questa iniziativa?
«Don Mario Bianchi (parroco di Quargnento e Solero, ndr) ci parlava sempre della mensa, ma non avevamo mai avuto modo di vivere questa esperienza. Allora, parlando, gli abbiamo detto: “Quando c’è l’opportunità, avvisaci e andiamo”. Dopo poco tempo, don Mario ci informa che lunedì 25 alle 17 ci sarebbe stato posto per servire alla mensa. Abbiamo accettato e siamo andati a preparare questo pasto: in totale eravamo sei consorelle, tra cui tre novizie africane, e tre volontari accompagnati, ovviamente, da don Mario».
Che cosa le è rimasto più impresso?
«Per noi è stato un richiamo, perché la nostra fondatrice, madre Michel, aveva questa predilezione verso i poveri. In particolare aveva un forte legame con gli alessandrini. Su tutti, un aspetto ci ha colpito molto. Alla mensa della Caritas abbiamo incontrato tante persone, con storie difficili, ma tutte sorridevano, perché si sono sentite in fraternità. Noi parlavamo con loro e ci raccontavano le loro vite. Molte non hanno lavoro o famiglia, ma anche solo per quei pochi momenti si sono sentite considerate nella loro situazione di povertà, non isolati o non abbandonati. Vedevo nei loro occhi questa accoglienza. Un senso fraterno che rispecchiato nei loro sorrisi».
Un’esperienza da rifare, quindi?
«Certamente, rifaremo questo servizio. Tutti i giorni abbiamo l’opportunità di aiutare i poveri, ma questa è un’esperienza diversa. Vogliamo essere sinodali, dando una mano alla Chiesa locale e alle realtà della Diocesi. Cercando di aderire all’appello di papa Francesco, per essere davvero una Chiesa “in uscita”».
Alessandro Venticinque
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