L’intervista a Fabrizio Palenzona
Fabrizio Palenzona (nella foto), notissima figura del nostro territorio (e non solo) è il presidente del Comitato d’onore delle celebrazioni per il 450° anniversario della morte di Papa San Pio V (1° maggio 1572-1° maggio 2022). È deciso e coinvolgente quando parla del Papa e Santo di Bosco Marengo: lo abbiamo raggiunto al telefono per approfondire questa sua “passione” e farcela raccontare.
Dottor Palenzona, che cosa può dire San Pio V all’uomo di oggi?
«È un dovere morale enorme ricordarlo, per noi e per le generazioni di alessandrini che non sanno di aver avuto un avo che è stato un gigante. Non solo per la fede, di cui è stato custode intransigente, pur in momenti difficili; ma anche come personaggio storico che ha avuto un ruolo decisivo nel dare all’Europa l’assetto ancor oggi perdurante. Invece assistiamo, negli ultimi anni, a tentativi sfacciati di diffamazione nei suoi confronti, in nome del politically correct, giudicando il suo operato senza considerare il contesto culturale del tempo e la minaccia drammatica per la stessa sopravvivenza del cristianesimo».
Lo si ricorda anche per aver istituito l’Indice dei Libri Proibiti, e per essere stato un inquisitore.
«È stato inquisitore, certo, ma bisogna cogliere le motivazioni e, ancora una volta, considerare il periodo storico in cui la superstizione popolare dilagava. San Pio V è il Papa della battaglia di Lepanto, fondamentale per la cultura e la sopravvivenza dell’Europa. Questa sì è una vicenda di importanza eccezionale, e direi, a costo di inimicarmi certi storici neutralisti, provvidenziale. Detto questo, chiuderei qui la polemica con i denigratori di San Pio V. Vorrei che si voltasse pagina, seppellendo le polemiche storiche. E il Comitato è d’accordo nel concentrare ogni energia per far emergere di San Pio V soprattutto l’uomo di fede. Il Santo, cioè, che ha retto il timone della barca di Pietro in un periodo tempestoso per la vita della Chiesa. Sono gli anni della Riforma di Lutero: toccò a lui guidare la Controriforma, che riformò la Chiesa. Egli non si limitò a tenere la barra ferma, ma lasciò che lo Spirito gonfiasse le vele. Non dimentichiamo che siamo nel ‘500, nei decenni successivi al regno dei Borgia e dei Papi dissoluti. Che storia quella di Pio V! Pur essendo di umili origini, partendo dalla periferia del mondo, dalla nostra cara Bosco Marengo, mise a disposizione le sue qualità per lasciarsi trascinare dove Dio voleva: non solo riuscì a farsi frate, cosa di per sé non semplice a quei tempi nell’Ordine domenicano, ma anche a diventare vescovo, cardinale e addirittura Pontefice».
Un uomo straordinario, dunque.
«Non era un Medici, un figlio di queste grandi famiglie che si spartivano il potere. Era un uomo scelto dalla Provvidenza e dallo Spirito Santo, in un momento decisivo. In pochi anni ha riformato la Chiesa secondo i dettami del Concilio di Trento, e grandissimi Santi molto più noti di lui, come san Carlo Borromeo, sono suoi frutti, persone che lui ha valorizzato e messo alla guida della Chiesa. Un uomo di altissima levatura… Per dire, la devozione del Rosario l’ha istituita lui. A lui si deve la seconda parte dell’Ave Maria che tutti recitiamo dopo l’incipit del Magnificat. È stato un innovatore molto efficace, e nel contempo trattava chiunque, dall’ultimo dei suoi collaboratori ai grandi regnanti dell’epoca, come persone che dovevano rispondere alla fede in Cristo. Ecco, questa per me è la grandezza di un uomo dotato di una profondità culturale e teologica purtroppo banalizzata nel suo ricordo, perché sono prevalsi stereotipi che hanno fatto perdere la magnificenza di questo Santo. Io credo che il nostro dovere sia far emergere questa figura di gigante che ci ha insegnato cosa significa avere fede vera, cosa significa la testimonianza, e cosa significa portare un rigore di vita personale che nei Palazzi apostolici era stato dimenticato da anni. Dobbiamo essere orgogliosi di un uomo così, e credo si debba fare ogni sforzo per ricordarlo ai nostri contemporanei. San Pio V: un vanto della nostra terra!».
Perché, secondo lei, ci sono stati così tanti secoli di oblio su questo grande Papa e Santo?
«Per motivi diversi. A mio parere, anche nella Chiesa, a un certo punto è prevalsa una parte schierata per il politically correct, che ha fatto prevalere un multiculturalismo mieloso senza radici. Oggi bisogna dire che siamo tutti uguali, siamo tutti bravi, che alla fine non cambia niente… Ma io credo siano tutte sciocchezze che decontestualizzano la verità, dimenticandosi invece della grandezza di questo Pontefice. E quindi noi abbiamo il dovere di non accettare la damnatio memoriae, ma dobbiamo affermare, nelle luci e nelle ombre, quello che San Pio V è stato per la Chiesa universale e per l’Europa».
C’è un aspetto, non ancora emerso, che vale la pena di sottolineare su San Pio V?
«L’avere realizzato, in modo egregio e con grande sacrificio, il compito affidato dallo Spirito Santo al Vicario di Cristo: custodire la vera fede. Il mio sogno è che emerga quello che nella storia della cristianità e del cattolicesimo è stato San Pio: un testimone e strenuo difensore della fede in Gesù Cristo figlio di Dio. Senza sconti per nessuno».
Andrea Antonuccio